Focus. Amore per gli animali e amore per l’uomo

Perche' rileggere gli scritti di San Tito Brandsma sull'amore per gli animali editi da Graphe

Gli scritti dei santi sono di solito dei libri di devozione, spiritualità, teologia e mistica. Ci sono però delle eccezioni, ma questa è un’eccezione più unica che rara.

Un dotto carmelitano, giornalista e docente universitario, martire sotto Hitler, ha tenuto una conferenza nel 1936 a Nimega la quale è stata poi pubblicata, quindi tradotta in italiano con il titolo di Per vivere senza crudeltà sugli animali (2013).

Ora la casa editrice Graphe la ripubblica, con un nuovo titolo ed arricchita con una breve biografia del sacerdote, una prefazione e un testo piuttosto ideologico (in senso acattolico) di Leonardo Caffo.

Tito (Titus) nasce in Olanda nel 1881 e a 17 anni entra nell’Ordine carmelitano da cui riceve la formazione umanistica e teologica. Giovane frate si appassiona per il giornalismo e l’apologetica, e inizia a scrivere su varie gazzette olandesi, fino a fondare la rivista Dal Carmelo d’Olanda.

Traduce in olandese gli scritti classici del Carmelo e nel 1923 inizia la docenza universitaria a Nimega, fino alla nomina di rettore dell’Università cattolica nel 1932. Dopo l’occupazione nazista dell’Olanda nel 1940 viene pedinato e infine arrestato come “sabotatore”. Nel 1942 viene ucciso con una iniezione di acido fenico.

La conferenza del 1936 in difesa degli animali mostra una sensibilità per la natura fuori dal comune, ma ben iscritta nella tradizione cristiana e biblica che ritiene tutto l’esistente, dagli astri celesti alle formiche, un dono provvidenziale del Creatore.

Giova dire d’emblée che la conferenza di padre Tito non è in nulla debitrice dell’ecologismo laico, dell’animalismo anti-specista e del veganismo alla moda, ma si fonda sulla Parola di Dio, sulla teologia di s. Tommaso e sull’idea cristiana di ordine come bellezza.

“Alcuni, scrive il futuro martire, sono più sensibili all’ordine e alla bellezza di altri. Ma sicuramente ognuno si diletta dell’ordine e della bellezza della natura” (p. 11). Il teologo olandese collega la sua volontà di “protezione degli animali” alla fede in Dio, perché è Lui che ci ha dato la natura e ci ha posto in essa come “esseri sovrani”. Nessuna uguaglianza ereticale dunque tra uomo e animale.

“Dio ha reso l’uomo re della creazione (…). Ha posto tutto nelle sue mani, perché ne disponesse e lo utilizzasse per la propria felicità” (p. 14). Ma proprio per la nostra gioia e per l’armonia generale del cosmo, Dio ha creato anche gli animali e i vegetali, come si legge nella Genesi.

E secondo san Tito noi dobbiamo avere – e questa è l’affermazione più forte del martire – “gli stessi sentimenti che Dio aveva quando creò gli animali”, ovvero: “sentimenti di bontà e di amore”.

Da questo “amore per la natura”, che deriva dall’amore per il suo Creatore, noi umani siamo chiamati a sviluppare una sensibilità tale che ci porterà ad evitare le “durezze senza necessità” al mondo animale. Del resto, anche s. Tommaso insegna che “l’asprezza verso gli animali indurisce il cuore umano” e la “crudeltà verso gli animali rende crudele anche la persona”. Quindi, in qualche modo, la docilità e la dimestichezza col mondo animale, tende ad ingentilire i costumi.

San Paolo, citato da padre Tito, dice: “Non metterai la museruola al bue mentre sta trebbiando” (1 Cor 9,9) e per il carmelitano questo sarebbe un segno di delicatezza perché la museruola gli impedirebbe di “godere del cibo di cui sente l’odore”.

Per il teologo olandese, “La protezione degli animali, se compresa nel senso giusto [non quindi nel senso ideologico oggi prevalente], fornisce un incalcolabile vantaggio” agli uomini, perché li ingentilisce ed evita quella che padre Tito chiama la “grossolanità” (p. 15).

In fondo, scrive il santo, “amando Dio, necessariamente amiamo anche ciò che egli ama”. E quindi non possiamo non amare la Natura che “Egli ha voluto e creato”. Capita purtroppo che in certi ambienti cattolici, per opporsi al naturalismo isterico di alcuni e all’ecologismo catastrofista di altri, l’amore stesso della natura sembra essere snobbato o sottostimato, ma questo è un immenso errore di prospettiva.

La natura è opera di Dio e anche dopo il peccato originale conserva la sua bellezza e la sua dignità. Essa è maestra di vita buona, come hanno sempre insegnato gli spiriti più alti del cristianesimo, la cui lista comprende decine di santi, mistici e teologi, e non solo il Poverello d’Assisi.

Tra i santi del Novecento che hanno amato con passione la natura va collocato quindi anche il martire san Tito per aver detto, mentre era rettore dell’Università cattolica di Nimega, che “l’amore della Natura ci aiuta ad amarci e ad amare Dio in una maniera più nobile e profonda” (p. 19).

Ovviamente gli animali sono solo una parte, seppur particolarissima, all’interno della natura ideata e creata dal Signore ed è ovvio che tutti, come fa san Tito, dobbiamo condannare “un amore per gli animali che non sia subordinato all’amore degli esseri umani” (p. 20).

L’amore quindi, anzitutto per Dio, poi per gli uomini, quindi per gli animali e la natura tutta, sia l’emblema del cristiano del XXI secolo. Anche perché la pratica dell’amore universale è “la migliore garanzia per il miglioramento della società umana”.

 Tito Brandsma. “Amore per gli animali e amore per l’uomo”, Graphe. 48 pp. 6€

Fabrizio Cannone

Fabrizio Cannone su Barbadillo.it

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