Emigrati italiani e xenofobia negli Usa: “Cristo tra i muratori” di Edward Dmytryk

È nei cinema fino al 15 ottobre "Francesca Cabrini", ma lo sfruttamento a New York era in un film con Lea Padovani

Francesca Cabrini, la locandina

È nelle sale italiane Francesca Cabrini del regista Alejandro Monteverde, dedicato alla santa lodigiana che si dedicò, tra fine ‘800 e primo ‘900, col solo appoggio del lontano papa Leone XIII, contro tutti e tutto, al sostegno, all’assistenza e alla redenzione morale e sociale dell’infanzia abbandonata degli immigrati italiani a New York.

Il film è fortemente polemico col modello wasp e con il sogno americano ad esso congiunto, tanto da risultare di impronta totalmente anticapitalista degna di Gangs of New York di Scorsese  e  I cancelli del cielo di Cimino: con l’avvertenza che, al posto dei cattolici irlandesi e dei coloni del west, ci sono immigrati cattolici italiani col loro forte senso di appartenenza religiosa.
L’essere la religiosità cattolica un elemento fondante del disprezzo verso i nuovi venuti nel ‘sogno americano’, i cosiddetti dagos, è più volte dimostrato dalle innumerevoli pellicole in cui i criminali, i gangster sono quasi sempre italiani o irlandesi, specie quando agiscono in gruppo o operano nella comunità, tanto da indurre Sergio Leone, in C’era una volta in America, scegliere come personaggi di altre religioni e etnie .
In Francesca Cabrini di Monteverde, la suora lodigiana – fatta santa nel 1946 da Pio XII – opera in particolare contro le istituzioni comunali di New York, a tutela dei bimbi, proprio nel periodo dei pogrom anti italiani. E ottiene i suoi obiettivi proprio grazie alla forza della religiosità operante.
Il film “Cristo tra i muratori”

Francesca Cabrini riannoda i suoi temi a quelli di un altro film sugli emigrati italiani, firmato da Edward Dmytryk nel 1949, durante il suo breve esilio inglese: Cristo tra i muratori, tratto dal romanzo di Pietro Di Donato, figlio di emigrati da Vasto a New York, denuncia le condizioni di vita e lavoro dei muratori alla mercè di padroni, “caporali”, capomastri e sindacalisti venduti nella costruzione dei grandi edifici di New York .

Senza nessuna salvaguardia, i muratori lavoravano quasi sempre a cottimo e in nero, su impalcature pericolanti con turni massacranti a bassa paga.
In questo ambiente si sviluppa la vicenda di Geremia , il protagonista; di Annunziata, la moglie (una dolente Lea Padovani); dei figli e di tutta la comunità di immigrati.
Se nel suo film Dmytryk indulge, a volte, al sentimentalismo progressista, nel romanzo (1939) ambientato negli anni ’20, Di Donato conduce la vicenda con più asprezza indicando una possibile soluzione allo sfruttamento inumano e alla morte sul lavoro solo nell’orgoglio comunitario,nell’etica del lavoro e nella religiosità di affidarsi ai valori del Dio dei poveri. Solo così la morte sul lavoro del cottimista Geremia potrà essere occasione di riscatto morale e sociale dalla miseria e dall’emarginazione.
Francesca Cabrini e Cristo tra i muratori sono esempi di anticapitalismo  che indicano la religiosità e i suoi valori come riscatto sociale.

Francesco Menna

Francesco Menna su Barbadillo.it

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