Ai governanti italiani mancano coraggio e fantasia nella geopolitica

L'analisi di Giuseppe Del Ninno: "Vedremo mai un governo italiano individuare il centro dei propri interessi nel nord Africa e, in generale, nel Mediterraneo?"

Ho spesso accusato il nostro governo e, più in generale, la nostra classe dirigente di scarso coraggio e di asfittica fantasia (critiche peraltro estese ad altri governi del continente e alla stessa Unione Europea). Coraggio e fantasia: si tratta di due doti, in mancanza delle quali ci si limita a gestire l’esistente, a mettere toppe sui bilanci disastrati, a mantenere il potere; si tratta insomma della peggiore accezione di quella nobile famiglia ideologica che fu il conservatorismo. In un mondo che sta cambiando a velocità vertiginosa, nessuno, in Italia e fuori dall’Italia, si è mostrato in grado non diciamo di governare il cambiamento, ma almeno di assecondarlo limitando i danni ed accentuando i benefici che esso comporta. Per far questo bisognerebbe avere quella che, troppo sminuendone la portata, viene definita nella politichetta quotidiana, da governi e opposizioni, una “visione”, cioè un’idea di futuro.

Troppo appiattimento

I discorsi e le azioni di governo della Meloni e della sua maggioranza – da ultimo, quanto da lei dichiarato in Senato in questi giorni – vanno purtroppo nella direzione dell’appiattimento sui diktat degli Usa, della Nato e dell’UE, con particolare riguardo alla guerra russo-ucraina. Inutile dire che su questa stessa deriva si lasciano pigramente andare i mass media nella loro quasi totalità, destra, sinistra o centro che rappresentino. E il peggio è che un simile mainstream politico e metapolitico viene ammantato di enfatici e ipocriti riferimenti alla difesa della libertà, della democrazia, del diritto internazionale.

 

Un simile approccio è, con tutta evidenza, basato sulla “voluta” ignoranza dei mutamenti geopolitici in atto e delle ripercussioni nei rapporti con i paesi di tre quarti del pianeta, nonché sullo stesso tenore – per non dire sulla cultura – dei nostri popoli; senza dimenticare l’afasia e la perdita di potere e anche d’immagine dell’Europa. Soffermandoci per un momento sui fatti di casa nostra e limitandoci ad un solo aspetto del nostro posizionamento in proposito, dall’inizio dell’invasione russa, all’Ucraina abbiamo erogato – in questo d’accordo maggioranza e, quasi per intero, opposizione – qualcosa come 88/90 miliardi in armi, finanziamenti e beni vari, vale a dire l’equivalente di tre manovre. Per inciso, non si può non sottolineare la malafede dell’opposizione, quando lamenta tagli alla sanità, alla scuola e, in genere ai servizi essenziali. Sempre per inciso, soltanto ora giornaloni e telegiornaloni cominciano ad ospitare interviste e reportage dove si esprimono dubbi sulla tenuta dell’Ucraina, malgrado il fiume di armamenti e di denaro riversato su quello sventurato paese che, diciamolo, la guerra la sta perdendo (per tutti, si veda lo spazio riservato a Emmanuel Todd e al suo ultimo libro, “La sconfitta dell’Occidente”)“. E lasciamo da parte le pericolose connessioni con la tragedia in atto in Medio Oriente, che ci pongono a rischio di un conflitto mondiale. Insomma, è stato fatto un enorme investimento a perdere, politico ed economico.

 

Ma veniamo, sempre in estrema sintesi, alle motivazioni che stanno dietro a questa pseudo crociata in difesa della libertà, della democrazia etc. etc. Così alla rinfusa, si vuole scongiurare il pericolo di nuove invasioni russe, che so, nei paesi baltici, in Finlandia, nella Polonia e magari nei Balcani. Se non si trattasse di scenari che già comportano e che comporterebbero spaventose perdite di vite umane e di risorse materiali, nonché devastazioni di territori, ci sarebbe da sorridere: in tutto questo tempo, Putin non è riuscito a piegare l’Ucraina – sia pure sostenuta da tutto l’Occidente – e avrebbe la capacità e la volontà di marciare contro una coalizione equipaggiata e ricca, magari dando il via ad un conflitto nucleare? Ma via!

I conflitti

Ci sarebbe poi l’argomento dell’invasione di uno Stato sovrano, contraria al diritto internazionale: ora, è vero che da Norimberga in poi i vincitori delle guerre grandi e piccole sono paludati nei panni dei custodi della Morale e del Diritto, dimenticando episodiucci come Dresda e Hiroshima, Libia e Irak, Serbia e Kosovo (tralasciando le azioni di destabilizzazione di governi come quello cileno e, appunto, quello, pienamente legittimo dell’Ucraina “ante Zelenski”); ma c’è un limite. Del resto, attualmente si contano conflitti in molte zone del mondo, per ricordarci che alla base del diritto internazionale ci sono i rapporti di forza e che a poco vale la “giuridicizzazione” di quei conflitti, con il corollario di assemblee, istituzioni e tribunali screditati e pressoché ininfluenti.

Democrazia?

A proposito di difesa della Democrazia, si dimenticano altre cosucce: intanto, i lucrosi traffici di tutti i paesi “democratici” con autocrazie o regimi tutt’altro che democratici, quali la Cina, l’Egitto e l’Algeria in primis (e pensiamo ai danni che sono derivati alla nostra economia dalle sanzioni alla Russia); ma poi vogliamo interrogarci sulle nostre democrazie? Sistemi che ormai si fondano – quando va bene – sull’astensionismo dilagante, che porta al potere governanti gratificati da consensi intorno al 20/25% degli aventi diritto al voto. Spesso poi, grazie ai timori di vero cambiamento, attizzati con la servile complicità dei media, vengono attivati pasticciati “cordoni sanitari” o viene fatto uno specioso ricorso alla legge dei numeri, in contrasto con le volontà di quelle pseudo maggioranze. Gli esempi non mancano, dagli USA alla Francia all’Unione Europea, dove chi decide davvero sono soggetti – la Banca Centrale e i governi degli Stati meno deboli – che o non rispondono ad alcuno (se non ai famigerati “poteri forti”) o comunque non sono eletti dai popoli.

Il ruolo Usa

Quanto al mondo che cambia, già da prima che gli USA abbandonassero l’Afghanistan era in atto un processo di disimpegno che non si arresterà, chiunque sia il prossimo Presidente (fatta salva la competizione – specialmente commerciale – con la Cina); se poi dovesse vincere Trump, potrebbero essere ridiscussi perfino il ruolo e l’importanza della NATO. Oltre a quell’autocrazia caratterizzata dal capitalismo di Stato, fra i protagonisti del nuovo assetto del pianeta sono in primo piano le potenze del BRICO: in tale scenario, è noto che i regimi definibili democratici nella nostra accezione governano meno della metà del mondo e sono spesso ostili in forme e misure diverse al cosiddetto Occidente; al punto che parlare d’isolamento della Russia fa sorridere.

 

Infine, due parole sugli USA: la mia generazione (e quella di Cardini, che così si esprimeva in una recente occasione pubblica) è cresciuta in una specie di culto per l’America, di cui ammirava i film western, la musica rock e magari la letteratura (per tacere di hamburger e coca cola: non tutti noi, in verità); poi siamo cresciuti, si sono allargati i confini e con essi si sono intensificati i viaggi e si è diffusa una certa consapevolezza di quello che erano le cosiddette “culture subalterne”. In altre parole, e volendo semplificare, è finita l’epoca dei pellerossa “cattivi” ed è cominciata quella in cui i “cattivi” erano le giubbe blu; quanto al nostro ambiente, è emersa una spaccatura tra i “filoatlantisti” e i critici dell’american way of life, sulla scorta del best seller di Locchi-de Benoist “Il male americano”.

Il Piano Mattei

Parlavamo di fantasia e di coraggio (quest’ultimo, ad esempio, mostrato da Craxi e, in parte, da Berlusconi e fuori d’Italia, da un de Gaulle). Vedremo mai un governo italiano individuare il centro dei propri interessi nel nord Africa e, in generale, nel Mediterraneo, o in direzione della Russia e dell’Europa orientale (sia chiaro, limitandosi a un’alleanza critica con gli USA, certo da non rinnegare)? Vedremo l’Italia, specie in una fase di debolezza dell’UE come l’attuale, farsi capofila di una politica in tal senso, oltretutto basata sulla diplomazie e non sulla guerra? Va dato atto che il meloniano “piano Mattei” potrebbe essere il primo segnale di tale nuova tendenza. Forse su questa linea – certo, difficile da realizzare con provvedimenti concreti – si temono contraccolpi, sulla base di capestri e ricatti economico-finanziari, se non di azioni sotterranee e destabilizzatrici, come abbiamo visto in passato; ma è per questo che abbiamo parlato ci coraggio e fantasia.

 

 

Giuseppe Del Ninno

Giuseppe Del Ninno su Barbadillo.it

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