Quando Drieu stroncò Oscar Wilde: “E’ solo un bambino vizioso”

Lo scrittore francese in una lettera espresse forti critiche verso l'autore de "Il ritratto di Dorian Gray"

Pierre Drieu La Rochelle

La Prima guerra mondiale, coagulo supremo del revanscismo francese colmo di aspettative bellicose e vincenti, divenne presto per Drieu La Rochelle l’evento più indigesto e ipocrita dei suoi primi ventitré anni di vita. Tutto ciò in cui egli aveva creduto, era stato tradito dal comportamento “stupidamente tronfio di orgoglio democratico” dei suoi commilitoni e dai vizi continui che perpetrava insieme a quei “dodici ubriaconi” nella caserma logistica di Falaise. L’unico antidoto alle bassezze a cui doveva assistere e che ogni tanto lo vedevano protagonista, era la corrispondenza con la sua fidanzata e futura prima moglie Colette Jéramec. Lei, figlia di una famiglia molto benestante, la quale poteva godersi il lusso di possedere sette domestiche in una casa enorme sul boulevard Malesherbes; faceva di tutto pur di assicurare al suo Drieu le letture che egli chiedeva per isolarsi dai postriboli militari ai quali veniva periodicamente assegnato. Nel dicembre 1915, mentre la guerra infuriava ovunque, Pierre era ancora convalescente dalle ferite di Charleroi ed era stato assegnato alla caserma di Agde, nel dipartimento dell’Hérault in Occitania. Da qui scriveva a Colette dei suoi ricordi legati al periodo di studio ad Oxford e delle sue impressioni in merito alla letteratura inglese a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Da sempre affascinato da Chesterton e Shakespeare, Drieu chiese a Colette di spedirgli altri libri scritti da autori anglosassoni per prepararsi al meglio in vista del suo esame da interprete.

Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Uno dei classici che giunse alla caserma di Agde è stato “Il ritratto di Dorian Gray”, sul quale Pierre diede un giudizio forte e in antitesi rispetto alla critica. Qui di seguito, vi riportiamo il commento tradotto, il quale è stato estratto dalla corrispondenza tra Drieu, André e Colette Jéramec pubblicata da Gallimard nel 1993. Si tratta di una fonte importantissima per la vita di Drieu, la quale meriterebbe una traduzione degna dei contenuti presenti nelle 588 pagine dell’unica edizione pubblicata finora in Francia.

«Non sono affatto entusiasta del “Ritratto di Dorian Gray”. Vi scorgo troppo facilmente le influenze francesi a cui Wilde ha ceduto con una gioia un po’ infantile. Gli inglesi non sono affatto degli artisti, nel senso che Wilde dà a questa parola. Non riescono mai ad adottare con naturalezza quell’atteggiamento di completa libertà nei confronti della vita, considerata come puro oggetto d’arte in cui eccellono i francesi. [Gli inglesi] conservano sempre qualcosa di mutuato, di forzato. Non riescono ad assimilare pienamente il modo di intendere la vita che è peculiare di alcuni francesi, italiani e forse di qualche tedesco; che consiste nel liberarsi da ogni considerazione morale e religiosa e nel guardare alla vita da un punto di vista strettamente contemplativo. Godere dei colori, delle passioni, di tutti gli spettacoli della vita senza preoccuparsi delle loro conseguenze sociali e morali, ma per la sola forza, la sola bellezza che risiede in quel gesto, in questo grido d’amore o d’odio: questa è la posizione franca, sovrana, indefettibile assunta da uomini come Montaigne, Gautier, Flaubert, Goethe, Nietzsche, ma che un inglese come Wilde non avrebbe mai potuto raggiungere pienamente. Wilde ha vissuto in Francia per molti mesi, frequentando la più delicata élite francese. Ma rimase sempre un po’ un ragazzo, e il suo Dorian Gray rimane un novizio. Tralascerò la questione del sadismo e del vizio, che è insidiosamente trattata in questo libro e che è molto inglese. Dopo il “Mangiatore d’oppio” di Quincey, era naturale che ci fosse Dorian Gray. Tuttavia, non si può negare che sia ben scritto con un linguaggio ricco, e ci sono alcune intuizioni molto ingegnose che preannunciano la meravigliosa sottigliezza di Chesterton. Dovrò leggere ancora un po’ di Oscar Wilde. Ma solo per documentarmi su di lui, perché non mi piacciono molto le sue sciocchezze pacchiane. Alla fine, Wilde è solo un bambino vizioso.» (Lettera spedita il 28 dicembre 1915)

Il giudizio di Drieu si concentra sul piano estetico e spirituale di Wilde, reo di non essere stato capace di assimilare i pregi del continente europeo. Forse, avrebbe dovuto soffermarsi un po’ di più sul carattere linguistico dell’inglese, idioma senza musicalità né duttilità. Tuttavia, cosa si può rimproverare al giovane Drieu, già preparato e ragionevole, dopo un giudizio così forte che andrebbe tutt’oggi riproposto quando si discute di Oscar Wilde? 

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Marco Spada

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