Editoriale. C’è l’accordo all’Onu sulla Siria. Sergio Romano: “Un labirinto”

siriaI cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Usa, Francia, Regno Unito, Russia e Cina) hanno trovato dopo un duro lavoro diplomatico la quadra e l’accordo per deliberare una risoluzione volta a determinare il disarmo chimico in Siria. E’ una buona notizia soprattutto perché la mediazione ha consentito da un lato la condanna netta nei confronti di chi ha usato le armi chimiche (non specificando quale dei due contendenti nella guerra civile in corso), e dall’altro non ha sancito alcuna sanzione automatica nei confronti del governo di Assad, indicando una road map per procedere tempestivamente al bando totale dell’arsenale chimico.

La Siria, però, resta un labirinto, come ben spiegato su Corriere della Sera da Sergio Romano. L’editorialista ed ex ambasciatore, rispondendo a una lettrice, ha fotografato il governo di Damasco con questa formula: “Non credo, anzitutto, che Bashar Al Assad sia interamente padrone del sistema politico e militare siriano. È responsabile di tutto ciò che accade nel Paese, ma al vertice del regime vi è una oligarchia famigliare in cui qualcuno può agire, in alcune circostanze, mettendo il presidente di fronte a un fatto compiuto”.

Romano ha anche sottolineato il ruolo del fratello di Bashar, Maher Al Assad “il più giovane dei cinque figli di Hafez. Comanda la guardia repubblicana, avrebbe avuto un sanguinoso scontro con il cognato Assef Shawkat, ministro della Difesa, e sarebbe responsabile, secondo fonti arabe, sia della morte di Rafik Hariri, l’ex premier libanese assassinato a Beirut nel febbraio 2005, sia dell’impiego delle armi chimiche. Questo non significa che Bashar sia privo di colpe. Ma esistono crepe nascoste al vertice del regime di cui è opportuno, in alcune circostanze, tenere conto”.

E sulla querelle legata all’uso delle armi chimiche ha puntualizzato: “Il rapporto presentato dagli ispettori dell’Onu al segretario generale dell’organizzazione conferma l’uso del gas sarin senza individuare i responsabili (l’attribuzione della responsabilità non faceva parte del loro mandato). Ma se l’uso dei gas fosse stato deciso da Maher all’insaputa del presidente, la proposta russa di affidare all’Onu la custodia dell’arsenale chimico potrebbe essere, per Bashar Al Assad, un’ancora di salvezza e forse il modo migliore per sbarazzarsi del fratello”.

Romano ha disegnato la mappa delle etnie non ostili alla famiglia Assad e allo stesso tempo molto preoccupate dal fanatismo del fronte dei ribelli islamisti: “La Siria è un mosaico etnico composto di arabi, curdi, drusi e, sul piano religioso, di sunniti, alawiti (una branca della Shia), cristiani appartenenti a tutte le diverse denominazioni del Levante. Qualche giorno fa, una formazione ribelle ha terrorizzato la popolazione cristiana di Maalula, una città non lontana da Damasco (56 km) in cui si parla ancora aramaico, la lingua di Cristo.  (…)  Non sembra che i cristiani di Maalula, Damasco e Aleppo (circa il 10% della popolazione) siano pronti a fare causa comune con i ribelli. Non sembra che la borghesia degli affari (ora rifugiata a Beirut) preferisca la Fratellanza musulmana al sistema autoritario, ma laico degli Assad. Insomma, questa è una guerra civile, vale a dire un conflitto in cui si interviene militarmente soltanto per favorire uno dei due combattenti a danno dell’altro”. Infine un monito ai governi occidentali: “Siamo sicuri di conoscere bene i due fronti e di sapere quale dei due meriti il nostro appoggio? Non si entra in un labirinto senza conoscere la via d’uscita“.

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Michele De Feudis

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