La mostra. Le sculture di Salvador Dalì a Villa Fiorentino di Sorrento

00t/29/arve/tih/001/022Un’aria surreale quella che si respira presso la Villa Fiorentino di Sorrento, a causa dell’ospitante mostra di quel genio artistico che fu Salvador Dalì, e visitabile fino al 13 ottobre. Il curatore, Beniamino Levi, ha saputo allestire le dieci sale, di cui è composta l’esposizione, sapendoci regalare una sapiente lettura dell’inconscio e del conscio del Maestro catalano, il quale ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare in diverse occasioni. La sua, quasi una missione, alla scoperta e all’acquisto delle sculture bronzee e delle opere minori di Dalì, per convincerci della straordinaria riuscita e dell’estrema perizia raggiunta dall’artista anche nella produzione di opere meno note o appartenenti alle “arti minori”, come possono essere considerate le piccole sculture in vetro, gli oggetti di oreficeria, le litografie o gli oggetti d’arredo. Questo quanto si può ammirare percorrendo le sale della Villa, che fin dal principio ci svelano la chiave di lettura con la quale aprire i cassetti dell’immaginario, onirico, surreale mondo di Dalì.

Nulla è ciò che appare, o non solo, tutto da scoprire e da svelare, ma non completamente, uno e molteplice il principio generatore. E’ così che un cigno dalle ali spiegate si trasforma in un elefante dalle orecchie alate, una creatura di straordinaria bellezza e leggiadria, in una figura grave e goffa.

La donna, quale fonte di ispirazione, focolaio di passione, sensualità, ingenuità, incoscienza e mistero, scatena in Dalì il massimo interesse. Questo interesse sprigiona la celebre Donna in Fiamme, espressione di bruciante passione e rivelazione di segreti che essa sola sceglie di svelare o meno, come anche Alice, la celebre protagonista del romanzo di Carroll, che senza stupirci compare tra i personaggi che animano il mondo di Dalì. Sembra essere una sua creatura, la ragazza-bambina, la quale ci suggerisce una via per fuggire la realtà attraverso un apparente non senso, in cui la pazzia è sana. Fu Dalì stesso a dire l’unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo. Non necessariamente una sedia deve servire per sedersi, non necessariamente bisogna dare un senso a tutto.

Altro tema dominante nella sua produzione e che si può scorgere in mostra è il tempo. Esso compare per la prima volta nella forma di orologi molli del celebre dipinto La persistenza della memoria del 1931. A noi ricompare in forme scultoree ad affiancare spesso l’idea di bellezza, a sostegno di una caducità del corpo che con il passare del tempo decade a differenza della bellezza eterna e immortale che l’arte ci può restituire a dispetto dello scorrere del tempo.

Una carrellata di disegni realizzati da Dalì per accompagnare opere letterarie di suo gusto si affolla sulle pareti delle sale, a partire dalle litografie e xilografie per l’Arte di Amare di Ovidio per culminare nelle litografie per la Sacra Bibbia.

Un racconto, dunque, quello ideato per la mostra The Dalì Universe, che ha l’obiettivo, a mio parere raggiunto, di insegnare al visitatore a comprendere il pensiero e il modo di operare di un artista dai tratti enigmatici, quale Dalì appare, attraverso la visione di opere poco note e che spesso più difficilmente avvicinano il vasto pubblico.

Lasciandoci alle spalle le stanze della Villa Fiorentino non smettiamo di essere catapultati nell’immaginario daliniano, che ritorna a brillare nelle piazze di Sorrento nelle quali sono state posizionate altre quattro sculture, che ben si adattano al paesaggio della città, creando una bellezza senza confini.

Eppure un velo d’ombra cade sul positivo risultato della mostra per le accuse mosse dal consigliere comunale Rosario Fiorentino a proposito della qualità in particolare di alcune sculture di dubbia autenticità. Accuse di cui non spetta a noi ora dimostrare l’attendibilità, ma che si spera siano infondate.

Al di là di esse ci resta l’esperienza catartica di una viaggio nel meraviglioso mondo di Dalì.

Roberta Simeone

Roberta Simeone su Barbadillo.it

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