Destre. Fini: “Il Cav non è finito”. E critica gli ex An. Gasparri replica: “Dovevamo cacciarlo noi”

Trasmissione televisiva "Porta a porta"«Berlusconi non è finito. Ha ancora un vasto consenso nel Paese e nel suo partito». E se lo dice lui – che contro Silvio Berlusconi ha ingaggiato la più drammatica e fratricida guerra interna al centrodestra che ha coinvolto e diviso ulteriormente anche gli ex di Alleanza nazionale – la cosa assume un significato ulteriore. Questo uno dei passaggi più inaspettati dell’intervista-fiume che Gianfranco Fini ha rilasciato ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Un’intervista che ufficializza una sorta di ritorno in campo dell’ex leader di Fli dopo la batosta elettorale subita e la scomparsa della sua pattuglia dal Parlamento.

Per il momento Fini ritorna a far parlare di sé grazie all’uscita del suo libro Il ventennio – Io Berlusconi e la destra tradita (Rizzoli, casa editrice del Corsera stesso). Libro che, a quanto emerge dalle anticipazioni, traccia una sorta di diario della parabola politica dell’ex segretario del Msi dall’exploit delle Comunali di Roma del ’93 all’abbraccio mortale con i neocentristi che ha contribuito a quel 0,4 ottenuto nel febbraio scorso. Proprio sul rapporto tra lui e Berlusconi Fini spiega di non parlarne con acrimonia perché «sarebbe acrimonia verso me stesso. Lo conosco da 30 anni, da quando l’Msi appoggiava le tv private. Per 17 anni siamo stati alleati e abbiamo avuto una stretta frequentazione». Parlando del rapporto personale definisce Berlusconi «sempre seducente e simpatico. Mai autoritario e protervo» anche se «del tutto incapace di ammettere un errore. Ha bisogno di convincersi che le cose siano andate esattamente come dice lui; altrimenti non riuscirebbe a convincere gli altri». Dal punto di vista del rapporto politico Fini ricorda poi come «dal Pdl invece sono stato cacciato io». Così come ricorda dell’ultimo incontro tenuto dove – sostiene lui – il Cavaliere gli avrebbe chiesto di «vietare di fatto le intercettazioni e tagliare la prescrizione dei reati»: «Se avessi ceduto sulla prescrizione, Berlusconi avrebbe evitato la condanna definitiva in Cassazione. Ma io questo allora non lo sapevo. Né avrei potuto rispondergli in modo diverso».

Nel libro l’ex presidente della Camera tratta anche dell’attuale segretario del Pdl, Angelino Alfano, al centro adesso della prima crisi interna nel Pdl dopo l’uscita di Fini: «Berlusconi scelse Alfano non come segretario di partito, ma come suo segretario particolare. Ora Alfano ha dimostrato di avere il “quid”. Ma per lui non sarà facile restare “diversamente berlusconiano”». Alla domanda se esista un futuro per il centro Fini liquida la sua stessa esperienza con Monti («Monti è stato un buon premier e un pessimo candidato premier. La nostra alleanza con lui è apparsa un’operazione di Palazzo») e sostiene come e sostiene di non crederci: «Dal Pd, guidato da due cattolici come Renzi e Letta, non vedo smottamenti in arrivo. E poi il bipolarismo ha messo radici nel Paese. Se c’è un terzo polo, è Grillo».

Un altro passaggio inedito nell’intervista è quando l’ex leader di An ritorna su uno dei punti più contestati nella sua gestione da segretario: «In Israele io non definii il fascismo “il male assoluto”. Lo dissi a proposito della persecuzione degli ebrei, di cui il fascismo fu corresponsabile». Una sorta di dietrofront mai “chiarito”, questo, «perché qualsiasi cosa avessi detto sarebbe stata interpretata come una retromarcia».

Quanto, infine, ai rapporti con i suoi “ex” compagni di partito – incalzato da Cazzullo – Fini a quanto pare ne ha quasi per tutti: da Gasparri a La Russa, da Alemanno a Giorgia Meloni (“salva” Storace) perché, confessa, «mi ha fatto soffrire molto il fatto che nessuno dei colonnelli mi abbia difeso». Sarà per questo che nel libro «un paio di cattiverie ci sono». Pronta la risposta su twitter di Maurizio Gasparri: Nel 2004 in mio intervento all’assemblea di An fu decisivo per salvare Fini, in minoranza nel partito. Fu un errore. Dovevamo cacciarlo».

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