Libri. “Fiume dannunziana” di Domenico Rosa e il fascino della Carta del Carnaro

saggio fiumeUn libro su D’Annunzio, scritto da un abruzzese proprio in prossimità del 150° anniversario della nascita del poeta? “Me ne frego” avrei di certo ironicamente risposto, prendendo in prestito dalle pagine del testo il celebre e più volte citato motto dannunziano. All’apparenza non originale né necessario, appunto. Ma questo giovane Domenico Rosa, studioso di storia e redattore di nera in quel di Firenze è riuscito nell’impresa di rendere questo breve saggio, nato come tesi di laurea, “Fiume dannunziana – tra irredentismo e fantasia”, una lettura “agevole, seppur non leggera”.

Una seconda edizione di 138 pagine, edita dall’indipendente Eclettica, corredata da un’ampia appendice fotografica in calce e da una copertina assolutamente degna di nota, illustrata dall’amico e conterraneo Tanino Liberatore.

Il lavoro, diviso in tre parti, si apre con la ricostruzione dello status e dei precedenti storici di “eterna contesa” della città adriatica. Ripercorrendone le tappe, il Rosa tratteggia con maestria e tinte forti il clima di Fiume, sfondo surreale dell’impresa. Chiude la parte dedicata all’analisi de “la carta del Carnaro”, documento scritto per il governo della città, ma mai attuato, e che, testuali parole dell’autore, finisce per diventarne “il manifesto politico”.

Davanti agli occhi del lettore prende vita una città spregiudicata e festaiola, che sembra collocarsi al di là del tempo e dello spazio, del bene e del male, in cui personaggi di ogni genere e provenienza (patrioti, poeti, disertori, omosessuali e bisessuali, cocainomani e pirati) intrecciano liberamente le loro vicende a quelle storicamente più celebri del comandante D’Annunzio e del beffardo ed incosciente giovane aviatore Guido Keller, caro al Vate e al Rosa stesso.

Nonostante le non celate giovanili simpatie, merito dell’autore è di essere riuscito a rendere la narrazione storica, seppur non asettica, comunque obiettiva, non cedendo alla tentazione di soprassedere sugli aspetti poco edificanti dell’esperienza e riuscendo così a regalarne al lettore una fotografia puntuale.

Simpatie ed entusiasmi storico-politici che si evidenziano anche nell’uso di un linguaggio ricco di aggettivazioni ed avverbi, che inevitabilmente riportano alla memoria di chi legge la retorica del tempo.

Un gusto retrò verrebbe da dire, se non fosse per uno strategico periodare, che più moderno non si può, caratterizzato dall’uso di congiunzioni dopo il punto fermo. “Anche”, “Ma” ed “E” ad inizio frase, di indubbia Bukowskiana memoria, che piace, quello sì, anche a chi scrive. Ha il gusto dello scrivere, insomma, questo Rosa. E del leggere, altresì.

*”Fiume dannunziana” di Domenico Rosa Eclettica edizioni, euro 15

Silvia Di Girolamo

Silvia Di Girolamo su Barbadillo.it

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