Sicilia. Collaboratori dei deputati Ars assunti con contratto da colf. Insorge la Cisl

Fatta la legge trovato l’inganno. Il teatro è ancora una volta la Sicilia, in particolare Palazzo dei Normanni, sede dell’Ars, dove alcuni collaboratori dei parlamentari sono stati assunti con regolare contratto da colf. Una soluzione, per molti aspetti geniale, studiata per schivare la scura della cosiddetta spending review. A innescare la corsa dei deputati all’assunzione dell’ultim’ora è stata la norma che ha ridotto i budget per i collaboratori amministrativi, prevedendo, contestualmente, un regime transitorio, fino al 2017, per i contratti vigenti al 31 dicembre 2013. Così, per evitare di perdere 3.180 euro di contributo da parte dell’Assemblea e pagare di tasca propria, alcuni deputati hanno assunto, nel giro di pochi giorni, i propri collaboratori, garantendosi in questo modo il benefit per tre anni ancora. E tra questi c’è chi ha pensato bene, appunto, di inquadrare il proprio portaborse come colf.

Un meccanismo confermato da Alice Anselmo, deputato Udc, ma soprattutto avvocato. «La legge prevede – ha detto – che il personale di segreteria di un deputato possa essere retribuito a fronte di un regolare contratto. Nessuno di noi, singoli parlamentari, può procedere ad alcuna assunzione, se non nei termini di legge che sono, appunto, quelli che in queste ore qualcuno si diverte a far apparire anomali: un contratto di servizi alla persona, che comprende varie categorie e varie mansioni».

Insomma, i deputati siciliani hanno scovato delle fenditure nella muraglia della nuova normativa. Ma per la Fisascat-Cisl tali contratti border line sarebbero comunque illegittimi. «Se uno di questi collaboratori assunti come colf venisse da noi – si legge in una nota – apriremmo subito una pratica per l’ispettorato del Lavoro». Il commento di Rosario Crocetta, presidente che della lotta alla “mangiugghia” (così come la chiama lui) ne ha fatto un programma di governo, invece arriva direttamente allo stomaco: «Questa è una vicenda che trovo di cattivo gusto».

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Fernando M. Adonia

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