Populismo. Il Tea party europeo? L’Economist: sarà formato dai movimenti eurocritici

teaAnche l’Economist, dopo Le Monde, si è soffermato in questi giorni su un parallelismo fra il Tea Party negli Usa e una sua possibile controparte europea, composta dai partiti antieuropeisti e anticasta che riporteranno probabilmente buoni risultati alle elezioni Europee. Il blocco teapartista europeo è indicato come un insieme di “partiti ribelli” (insurgent parties), che va dall’Front National francese all’Ukip inglese, passando per il Partito del Progresso norvegese, Jobbik in Ungheria e il Partito della Libertà olandese.

La riflessione della rivista inglese non si basa tanto sulle proposte dei singoli partiti, troppo eterogenei fra loro, ma sul fatto che rappresentano un blocco di elettori arrabbiati con il potere, convinto che le élite “prosperino a spese del popolo normale e lavoratore” e che quindi in virtù di questo premiano posizioni nette ed oltranziste. Mentre il Tea Party americano agisce all’interno del Partito Repubblicano, ciò nel Vecchio Continente non avviene.

L’Economist opera una distinzione fra i partiti “mainstream”, cioè quelli tradizionali, che hanno cercato di demonizzare come razzisti e fascisti gli “insurgent”, ma anzi aiutandoli governando male. “In parte i partiti ribelli stanno andando bene perché quelli tradizionali sono andati male”, lasciando troppa libertà alla banche e progettando un’Europa incentrata sull’euro. Negli ultimi cinque anni tutto questo è stato pagato dalla gente normale con “tasse più alte, disoccupazione, taglio dello stato sociale e blocco dei salari”.

In generale siamo di fronte ad una delle riviste economiche più importanti del mondo che mette in guardia dalla annunciata valanga euroscettica che potrebbe entrare al Parlamento Europeo, evenienza giudicata negativa, ma che non nasconde che la classe politica europea che ha governato fino ad oggi ha governato male commettendo gravi errori. L’avvento di quello che potremmo definire una specie di Tea Party europeo potrebbe portare ad alcune situazioni border line, come il recente blocco finanziario del governo Usa, che al mondo della finanza non è proprio piaciuto.

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Francesco Filipazzi

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