Politica. Gli eurocritici (uniti) d’Italia? Potenzialmente il primo partito alle Europee

noeuroGli ultimi sondaggi fanno tremare i governi di mezza Europa: le forze eurocritiche avanzano da Ovest a Est, a Nord come a Sud. In Francia Marine Le Pen, in Germania l’Alternative für Deutschland, in Inghilterra l’Ukip di Nigel Farage, in Austria l’Fpo: questi i movimenti e i leader che guidano l’opposizione nazionale alle politiche dell’Ue che hanno depresso il Continente nell’ultimo quinquennio.

E in Italia? Per una serie di circostante tutte interne all’anomalia tricolore (tre governi non eletti in tre anni) guida i sondaggi il partito del premier in carica: il Pd di Matteo Renzi. Avanti, anche grazie alla “luna di miele” con i cittadini, e avanti soprattutto per il senso di frustrazione della società italiana che vede per il momento in Renzi l’unico elemento di novità. Si esaurisce qui il motivo di tanta fiducia: perché il premier italiano, appena rientrato da un “trionfale” (almeno a leggere i titoli, altro discorso sono i contenuti) tour europeo, ha sostanzialmente confermato (smentendo se stesso) ad Angela Merkel tutti gli accordi e i parametri che hanno caratterizzato l’austerity targata Monti-Letta. È chiaro insomma, da qui a maggio, che la campagna per le Europee di Renzi si misurerà esclusivamente su ciò che produrrà il suo governo in termini di microeconomia (il taglio dell’Irpef) e di promesse (legge elettorale e così via). Poco, o nulla, sarà dedicato alla critica di una politica europea: anzi, il Pd di Renzi si candida a essere uno dei partiti lealisti rispetto all’Euro.

Il centrodestra? Forza Italia, seconda forza nei sondaggi (circa il 23%), si presentava con una posizione moderatamente eurocritica, poi rettificata da Giovanni Toti, consigliere politico del Cavaliere: “Non saremo ’no euro’. Non lo saremo anche se riconosciamo le ragioni di molti partiti che in questo momento prendono di mira la moneta unica”. Ma, in ogni caso, non mette in discussione la propria permanenza nella famiglia del Ppe né sembra interessata in questo inizio di campagna elettorale a mettere in discussione i trattati firmati (anche sotto il governo Berlusconi) con l’Ue. Anche qui – come per il Pd – l’interesse per le elezioni Europee sembra indirizzato a risolvere problemi interni: dalla questione dell’agibilità politica di Berlusconi alle lotte intestine. Ancora più blanda la posizione del Nuovo centrodestra di Alfano che, anche per questo motivo, continua a scendere nelle proiezioni demoscopiche.

La vera novità, allora, è che il “terzo polo”, questa volta, può essere maggioritario. Un terzo polo eurocritico, trasversale e potenzialmente vincitore di questa tornata. Già, tra Movimento 5 Stelle, Lega Nord-Patriae, Fratelli d’Italia e lista Tsipras anche l’Italia potrebbe dare il suo contributo alla formazione di un Parlamento europeo nettamente in opposizione rispetto alla Troika. Somma aritmetica che non significa ovviamente nient’altro che un gioco di proiezioni: data la differenza di impostazioni e di visioni tra soggetti difficilmente componibili. È un dato, però, che testimonia come anche in Italia una larga parte dell’opinione pubblica sia tutt’altro che rappresentata dalla “strana maggioranza” che occupa Palazzo Chigi e che dimostra come nemmeno l’opposizione di centrodestra sia oggettivamente interlocutrice privilegiata di questo disagio. Resta il fatto, dunque, che se queste forze dovessero registrare un boom proprio alle elezioni di maggio il “Paese reale” si troverebbe paradossalmente più rappresentato a Bruxelles che a Roma.

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Antonio Rapisarda

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