Esteri. Gli impensabili elogi di Putin proferiti dalla destra americana

putin“L’ho guardato negli occhi, l’ho trovato degno di fiducia e diretto, abbiamo avuto un ottimo dialogo. Sono riuscito a cogliere la sua anima”. Questa frase, pronunciata da George W. Bush a proposito di Vladimir Putin al tempo del loro primo incontro, è piuttosto famosa. Ora, il “former President of the USA” torna a far parlare di sé. Lo fa con una mostra di quadri di sua creazione, sorprendendo un po’ tutti (del resto la gente “è sorpresa persino che io sappia leggere”, ha scherzato il diretto interessato), fra cui spicca, fra tutti, quello dell’ex amico Vladimir Putin, rappresentato con uno sguardo intenso in cui Bush lascia trasparire quell’anima che, a sua detta, sarebbe riuscito a cogliere anni fa. Più che il talento di Mr. President, in verità, l’immagine di Bush che dipinge un ritratto di Putin potrebbe essere presa come sintesi di quanto sta accadendo in questi mesi in seno alla Destra americana.

In concomitanza con la crisi ucraina, sono infatti tornati alla ribalta i neo-conservatori, troppo avventatamente dati per finiti, prendendosi una bella rivincita contro Obama, il quale, non più tardi di una paio di anni fa, si era permesso di irridere Mitt Romney per la preoccupazione espressa da quest’ultimo e dal G.O.P., per un possibile revanscismo russo. Ma che dite mai, quasi sghignazzava Barack, Putin ormai è un buon amico. Ora i neocon, accompagnati dagli agguerriti Tea Parties, possono finalmente stanarlo. McCain, lo sfidante del 2008, risorge: “Putin non ha alcuna considerazione di Obama”, “Obama è il peggior presidente americano di tutti i tempi”, “Obama è peggio perfino di Jimmy Carter” (insulto quest’ultimo che, pare, da quelle parti suoni gravissimo). Ciò che spicca, nell’atteggiamento dei repubblicani, è che, se da un lato non condivisero la versione del “Putin partner dell’America” dell’ Obama “prima maniera”, ora nemmeno si accodano alla riduzione del leader russo a dittatorello caricaturale, tentata dalla propaganda dell’ Obama del “nuovo corso”.

L’ America non può accettare quanto sta facendo la Russia in Crimea, dicono gli uomini dell’ Elefantino, ma d’altra parte Putin è solo un Capo di Stato che fa l’interesse del suo paese. Il problema è tutto dell’America e nella politica estera di Obama. Sul web vicino all’area neoconservatice e teapartysta è una pioggia di storielle, battute e vignette in cui si vede la coppia Obama-Putin recitare in milioni di gag in cui il primo cerca in tutti i modi di farsi considerare dal secondo, il quale, con lo sguardo glaciale che tutti conosciamo, lo snobba ed umilia in ogni “episodio”.

Ma a dare pienamente l’idea della visione dei repubblicani, è stato Rudolph Giuliani. Intervenendo alla popolare trasmissione “Neil Cavuto’s Fox News Show” il 4 aprile, il sindaco-eroe della New York post 11 settembre, pur sempre schierandosi contro la politica russa, si è però lanciato in una serie di dichiarazioni a loro modo dirompenti sul conto di Putin: “Putin decide cosa fare e lo fa in mezza giornata, chiaro? Ha deciso che doveva andare al loro parlamento, è andato al loro parlamento ed ha avuto il permesso in 15 minuti”, “Lui prende una decisione e la esegue, velocemente. Poi tutti gli altri reagiscono. Questo è ciò che si chiama un leader”. Per Obama, invece, solo canzonature: “Il Presidente Obama ci pensa su, poi deve tornarci su ancora, poi deve parlarne ad altre persone”. Insomma, per i repubblicani, il vero problema sta nel fatto che la Russia ha un presidente migliore degli Stati Uniti. La loro Camelot sono i tempi del vertice di Pratica di Mare e della totale distensione fra le due superpotenze. Ma, allora, Putin aveva di fronte Bush…

Ancora più oltre vanno due vecchie conoscenze della “Old Right” americana: Ron Paul e Pat Buchanan. I due inossidabili “rompiscatole” si schierano addirittura apertamente dalla parte di Putin. Secondo il primo “Putin ha il diritto dalla sua parte”, infatti: “I contratti, gli accordi e i trattati legati alla base di Sebastopoli forniscono a Putin una base giuridica per occupare militarmente la Crimea”, e provocatoriamente aggiunge: “anche la Russia potrebbe accusare l’America di occupare Cuba perché detiene un contratto di locazione sul terreno intorno alla prigione di Guantanamo”. Per il decano del paleolibertarismo, i crimeani, con il referendum che ne ha sancito il ritorno alla Russia, non hanno fatto altro che esercitare legittimamente quel diritto alla secessione che è fra i cardini del pensiero dei libertarians. I detrattori accusano Ron Paul di isolazionismo, ma lui preferisce parlare di non-interventismo.

Intanto, sul sito web del “Ron Paul Institute for Peace and Prosperity”, il think thank dell’ ex-senatore, da tempo appaiono articoli che denunciano un chiaro posizionamento, sul lato della politica estera, con tutti gli avversari degli U.S.A. Non solo Putin (con cui si flirta almeno dalla crisi siriana dell’anno scorso), ma anche, fra gli altri, il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Del resto, Paul è allievo di Murray Rothbard, l’autore del “Manifesto Libertario” del 1975, in cui si poteva leggere: “La Russia deve presidiare l’Europa centrale per impedire che questa si possa trasformare in un’autostrada per un assalto alla Russia stessa”. Del resto, per i paleolibertari, la crescita dei poteri dell’amministrazione centrale (il loro vero nemico) e la politica estera americana sono strettamente legati, per questo tutte le guerre americane, compresa quella contro Hitler, sono da condannare.

Altro allievo di Rothbard è Pat Buchanan, etichettato come “paleoconservatore”. Già il 17 dicembre scorso Buchanan (che fu consigliere dell’Amministrazione Raegan) ha pubblicato sul suo sito ufficiale un articolo dal titolo eloquente: “Putin è uno di noi?”. Secondo Buchanan, Putin: “Sta ridefinendo il conflitto mondiale “Noi contro Loro” del futuro, in cui conservatori, tradizionalisti e nazionalisti di tutti i paesi combatteranno contro l’imperialismo culturale ed ideologico di quello che vede come un Occidente decadente”. E per Buchanan, per cui l’Americana scristianizzata che permette aborto e matrimoni gay non è più la Patria per cui hanno combattuto i suoi nonni ed in cui lui stesso è cresciuto, non c’è dubbio su quale sia la parte da cui schierarsi.

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Paolo Filipazzi

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