Iraq. Sergio Romano: “Per fermare gli islamisti Obama deve sperare che vinca Assad”

al qaedaCome fermare la rinascita del “Califfato” in Medioriente, ossia l’avanzata di Al Qaeda in Iraq? Sperando che Assad in Siria vinca la guerra civile. Parola di Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera ma soprattutto già ambasciatore d’Italia in Russa e analista “laico” dei fatti di geopolitica. Sul Corriere di oggi, a proposito della sortita delle truppe islamiste in Iraq, Romano ha analizzato così i fatti: undici anni dopo la “guerra preventiva” che abbatté – in nome delle mai trovate armi di distruzione di massa e dei non sparsi  – il governo di Saddam Hussein: «Undici anni dopo, una costola di Al Qaeda, lo “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”, ha conquistato Falluja, ha espugnato Mosul, ha costretto il governo di Bagdad a proclamare lo stato di emergenza e controlla un territorio, a cavallo della frontiera siriana, dove potrebbe risorgere il Califfato sognato da bin Laden».

Per Romano, però, «le responsabilità non sono interamente americane. Non saremmo a questo punto se la rivolta contro il regime siriano di Bashar Al Assad non avesse chiamato in Siria una legione islamista molto più numerosa e agguerrita delle cellule di Al Qaeda che operavano nella regione dieci anni fa». Insomma, l’ex ambasciatore spiega chiaramente ciò che da mesi diversi esperti di geopolitica denunciano spesso inascoltati: l’infiltrazione di massa di esponenti dell’islamismo radicale all’interno delle truppe che si oppongono ad Assad.

Ma c’è di più. Romano nella sua analisi lancia anche un’accusa chiara ai partner europei rei di aver contribuito per interessi personali a destabilizzare tutta l’area che va dalle coste del Mediterraneo al Medioriente: altri miliziani arrivano in Iraq «dalla Libia, a un tiro di schioppo dalla nostre coste, dove gli americani, sollecitati dalla Francia e dalla Gran Bretagna, hanno abbattuto il regime di Gheddafi per lasciarsi alle spalle un paese distrutto e ingovernabile, devastato da una guerra civile fra milizie tribali e islamiste».

Davanti a tutto questo Barack Obama – che all’università del Cairo aveva cercato di archiviare la dottrina Bush – non è riuscito ad archiviare le questioni Iraq ed Afghanistan, anzi stava rischiando pure di trascinare mezzo mondo in guerra con la minaccia-pasticcio di intervenire militarmente in Siria contro Assad.

La via d’uscita indicata ad Obama per non consegnare la regione in mano agli islamisti? Secondo Romano è quella di giocare «due carte, entrambe difficilmente confessabili e terribilmente scomode». Quali? «È costretto a sperare che la guerra siriana non venga perduta da Assad e deve concordare un’azione comune con l’Iran, lo stato sciita che ha una considerevole influenza sul regime di Bagdad e un forte interesse a impedire la vittoria dell’estremismo sunnita». Dovrà ammettere tanti errori Mr. Obama…

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