Cultura. Elogio della fedeltà in memoria di Marina e Alfredo Cattabiani

Alfredo Cattabiani e Marina Cepeda Fuentes
Alfredo Cattabiani e Marina Cepeda Fuentes

Tre giorni prima del suo anniversario di nozze la scrittrice e giornalista (di RadioRai e de Il Giornale) Marina Cepeda Fuentes è tornata in Cielo dal suo amato Alfredo Cattabiani. La ricordiamo con un articolo proprio di Cattabiani, illustre scrittore tradizionalista, dedicato ai legami indissolubili, con una nota scritta come commento della sua amata compagna di vita.

La fedeltà coniugale

La fedeltà è una virtù della maturità. Non tutti hanno la fortuna o, meglio il merito, di maturare. Molti rimangono privi di equilibrio, emotivamente e sessualmente esposti a ogni pulsione, come cani in calore

La prima reazione “animale”, istintiva, incontrando un uomo o una donna affascinante, o che per noi è affascinante, è il desiderio di accoppiarsi. È naturale, troppo naturale.

Succede, è successo a tutti noi in gioventù, e talvolta anche in tarda età, di cadere in questo trabocchetto. Ma si presume che gli umani, maturando, non s’identifichino con un gatto o una gatta.

La fedeltà si situa in una dimensione meno naturale, meno facile, meno comoda ma luminosa. È una scelta di vita, che richiede non soltanto la capacità di controllare le proprie pulsioni, ma anche di vivere in una totale comunione con l’altro: un itinerario che non è soltanto erotico, non è soltanto sentimentale, ma è sostanziato dal perseguimento di ideali comuni.

È il platonico ricongiungersi delle due metà dell’uovo, è l’evangelica “una caro” (una carne sola) che così spiegava san Giovanni Crisostomo suggerendo allo sposo queste parole: “Ti ho presa fra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia stessa vita. Infatti l’esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più vivo è di trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo separati in quella futura… Metto l’amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te”.

Così il matrimonio non diventa la piccola gabbia dove lo sforzo che si compie per restare fedeli alla persona amata non vale molto più di una infedeltà. La ricerca di sensazioni nuove non è più il fine del rapporto, che viene invece vissuto in una prospettiva più ampia, dove poco o punto conta l’aspetto fisico dell’altro o la sua intelligenza, tant’è vero che in questa luce l’invecchiamento non è soltanto irrilevante ma segna una continua comune crescita interiore.

Ma “questa fedeltà” richiede un passo preliminare: il superamento dei fantasmi adolescenziali, la capacità di vedere con “il terzo occhio”, come ci insegna una favola celebre, quella di “Belinda e la Bestia” dove la giovane riesce finalmente ad amare l’irsuto signore del castello, che grazie a lei riacquista le sembianze di un bellissimo Principe perdute per un sortilegio.

Come ha osservato Cristina Campo, questa favola ci indica la via di una rieducazione della nostra anima affinché si sollevi dalla passiva ricezione del visibile alla percezione dell’invisibile riconoscendo soltanto ciò che merita di essere amato, apprezzato, perseguito di là dalle apparenze, di là dalle tentazioni.

Quand’è infatti che il Mostro si trasforma nel bel Principe?

Quando Belinda, che aveva chiesto al padre, all’inizio della favola, di portarle una rosa, soltanto una rosa, riesce finalmente a capire la realtà della Rosa, a “lavarsi da ogni ruggine di fantasticheria, da ogni sogno da adolescente”.

La bellezza del Principe è la metafora della maturità concessa a chi ha desiderato soltanto l’essenziale: “una rosa , soltanto una rosa”.

(Alfredo Cattabiani, tratto da “Ispirarsi ai Valori Permanenti”, nella raccolta inedita “Manuale di sopravvivenza nell’Era della Volgocrazia”)

** Nota.

Il 24 GIUGNO di alcuni decenni fa Alfredo ed io ci siamo sposati nel Campidoglio di Roma. Abbiamo scelto questa data per avere il magico influsso della magica Notte di San Giovanni, con tutto il suo carico di streghe, erbe miracolose, aglio portafortuna, leggende, tradizioni… La notte della vigilia l’abbiamo passata preparando dei sacchettini con le NOVE ERBE da regalare il giorno dopo agli amici e familiari invitati alla nostra casa dopo la cerimonia: soltanto quelli più intimi, più cari. Da allora soltanto la MORTE è riuscita a separarci fisicamente. Ma non ha potuto portarsi via il grande AMORE che ci univa perché era frutto della nostra personale ricerca dell’essenzialità della ROSA. Essenzialità racchiusa in questo bacio di un 24 giugno di alcuni decenni fa. (Marina Cepeda Fuentes)

@barbadilloit

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