Politica. I simboli svelati del renzismo: il fallimento della Generazione Telemaco

Carl Gustav Jung sosteneva che l’inconscio non è solo un fatto individuale, ma marinus-van-reymerswaele-gli-usuraisoprattutto collettivo; e che i leader sono i principali interpreti di questo magma sociale sotterraneo. A dar retta al grande psicologo, la metafora omerica usata qualche tempo fa dal premier Renzi per lanciare la presidenza italiana del semestre europeo, doveva far insorgere più di un sospetto sulla sua netta e manifesta incapacità: Generazione Telemaco. A prima vista un tocco immaginifico di cultura classica tirata fuori per impressionare i professori di Bruxelles; qualcosa di più profondo nella realtà iconica e sociale di un paese ad una sola dimensione.

Telemaco è infatti l’archetipo di una generazione senza carisma, tiranneggiata da potenze straniere, da invasori fatti passare per generosi ospiti, la cui patria, impersonata da Penelope quale madre e moglie in eterno sacrificio, viene quotidianamente derubata e offesa. Telemaco è l’archetipo di una buona educazione diplomatica tuttavia incapace di reagire, di restituire ad Itaca la sua fattiva sovranità e conseguente benessere. In lui non esiste un cambio trama, uno scatto di reni; solo la paziente e tattica attesa nei confronti dei nuovi, arroganti padroni. Troppe coincidenze con l’Italia degli ultimi tre anni: governi non eletti dal popolo, al servizio di interessi stranieri, intenti a tessere e disfare ogni notte la tela di un patto di cittadinanza ormai al collasso su produttività, fisco, giustizia e sicurezza. Renzi al Parlamento europeo ha così espresso qualcosa di più profondo di una semplice frase retorica: ha confessato quale generazione e quale Italia egli rappresenta. Un’Italia senza padre, che ha siglato per costituzione eterna obbedienza ai Proci dei Trattatati. Una confessione programmatica clamorosamente disvelata dagli impietosi indicatori economici confermati negli ultimi giorni e prodromi di un autunno sempre più duro. Per chi come noi legge ancora Jung, e sa riconoscere i simboli nel linguaggio della politica, una lettura dei fatti purtroppo sin troppo semplice; tanto semplice quanto appare lontano il ritorno di un Ulisse in grado di fare pulizia in casa propria.

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Giacomo Petrella

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