Globalismi. Soros sbarca a Lampedusa scommettendo sulla pelle dei popoli

La notizia non ha avuto particolare risalto in ambito mainstream. Ne ha dato breve George-Sorosriscontro l’Espresso, in un articolo ben documentato di Piero Messina. Stiamo parlando dell’accordo sancito fra il comune di Lampedusa e la Open Society, la fondazione filantropica di George Soros. Obiettivo dichiarato della collaborazione, secondo il magnate ungherese: “il raggiungimento di obiettivi come la lotta alla discriminazioni razziali e la diffusione dell’accoglienza”.

Per questa ragione, lo staff europeo di Open Society ha deciso di “contribuire al potenziamento delle capacità esecutive del Comune di Lampedusa, favorendo così la popolazione ed i suoi ospiti”. Insomma, sta scritto nero su bianco, l’organizzazione di Soros contribuirà fattivamente nella raccolta di fondi destinati a favorire e sviluppare il ruolo di prima accoglienza dell’isola siciliana, ponte fra Africa ed Europa.

Dopo gli insuccessi di Mare Nostrum, dunque, anche il mercato privato della solidarietà mette gli occhi sull’anarchia che persiste nel Mediterraneo. In realtà, nulla di nuovo: è recente il caso del panfilo Phoenix, della coppia radical-chic italo-americana Regina e Christopher Catrambone, che da qualche settimana gira per le acque fra Malta e l’Italia in cerca di migranti in difficoltà, raccogliendo fondi per la propria Onlus. A prima vista tutto giusto e tutto ammirevole, salvo la persistenza di un legittimo dubbio politico: episodi come quelli citati, soprattutto quando coinvolgono speculatori finanziari di peso globale come George Soros, lasciano intravedere il pericolo che si cela dietro la ritirata dello Stato, a favore dell’avanzata di organizzazioni private di tipo globalista.

Che la solidarietà, in pratica, possa essere il paravento per calcoli economici ed utili “socialmente accettati”, sviluppati su disequilibri mondiali troppo spesso fatti deflagrare a tavolino (Siria, Libia, Egitto, Ucraina, Irak…), è un malpensiero che non andrebbe fatto, ma che davvero nulla, visto l’andazzo degli ultimi trent’anni, ci impedisce di esternare. Insomma, non vorremmo scoprire un giorno che il gioco in atto nel Mediterraneo, più che ad una grande corsa masochistico filantropica, stile Campo dei Santi di Raspail, venisse somigliando al primo mercato dei futures su merce umana.

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Giacomo Petrella

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