Politiche. Giannino tra l’enfasi per il pezzo di carta, ‘l’invidia tituli’ e la doppia morale

gianninoA tre giorni da una delle elezioni più delicate della nostra storia , l’attenzione dei media sembra calamitata dal conclamato “abuso di titoli” di Oscar Giannino. Premetto che l’abuso di titolo – quello vero – è un reato (art. 498 c.p.) ma non è questo il caso. Millantare una falsa laurea non basta per finire sotto processo. Millantare di essere professore universitario si, e sarei curioso di vedere un fact checking su questo fronte…

Fatto sta che i titoli universitari contano parecchio nell’immaginario collettivo, basta prendere un taxi a Roma per capire cosa significhi essere “dottore” e basta frequentare qualche Consiglio di Facoltà per vedere quanti professionisti stimati si mettono in fila per avere un corso di docenza a contratto, anche gratis, e poter scrivere nel proprio curriculum la parola “professore” (peraltro, non avendo superato alcun concorso accademico, se non aggiungono la dicitura “a contratto” rischiano il vero “abuso di titolo”). Personalmente – meno male! – non ho mai dato importanza al titolo accademico. Mi sono sempre sentito a disagio anche quando a chiamarmi professore erano gli studenti dei miei corsi, ai quali evidentemente chiamarmi “Luigi” poteva sembrare un gesto a rischio ergastolo…

Avrebbe fatto bene anche Oscar a ridimensionare e relativizzare l’importanza del “pezzo di carta”. Ma la vicenda “Giannino” è emblematica anche per questo aspetto. La laurea (così come i master e tutti i titoli post laurea) continua ad avere un peso ben superiore al “titolo legale”, che peraltro abolirei di corsa. E’ uno status symbol, un brand che gode ancora di un suo ampio mercato. E dunque, il più liberista di tutti è cascato proprio su un’incrostazione culturale e “burocratica”. Claudio Velardi ha twittato: “Per un liberista vero la differenza la fa il mercato, non un pezzo di carta. E’ questo il catastrofico scivolone culturale di Giannino”. E ha ragione, c’è cascato e s’è fatto parecchio male. Lui che ha dimostrato per anni la sua competenza senza esibire alcun “pezzo di carta”, rischia di mettere a repentaglio la sua reputazione per una sorta di “invidia tituli” di cui proprio non aveva alcuna necessità. Ma evidentemente il suo inconscio è più italiano che anglosassone e ha ceduto a questa debolezza nostrana.

L’altra debolezza nostrana è quella delle “balle” che ha come corollario quella della “doppia morale”. E qui si apre un mondo…Oscar Giannino ha fatto la cosa giusta, riconoscendo immediatamente l’errore e dimettendosi dal ruolo che ricopriva nel partito. Tuttavia, “oscultando” la rete, sembra che il gesto più irrituale e “rivoluzionario” – ossia appunto riconoscere l’errore e dimettersi – sia quasi irrilevante rispetto alla “lettera scarlatta” del mentitore che ormai porta con sè. Ma come? Nel paese di Pulcinella e delle bufale “tanto al chilo” fa più impressione una delle tante bugie rispetto a una delle rarissime ammissioni di colpa e a un caso quasi unico di dimissioni? Certo, così tutti coloro che sparano ben altre balle, evadono il fisco, parcheggiano in doppia fila, viaggiano gratuitamente e abusivamente sui mezzi pubblici, non rispettano semafori nè strisce pedonali, costruiscono abusivamente, non rilasciano scontrini e coltivano tutte queste meravigliose forme di “civismo italico”, possono dire in tutta serenità: “Mamma mia, ma non si vergogna Giannino?”.

Credo proprio di sì, Giannino si vergogna. Noi no. E di questo forse dovremmo vergognarci.

http://digregorioblog.com/2013/02/20/giannino-e-la-doppia-morale/

Luigi Di Gregorio

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