Libri. “L’Arte Ermetica” di Dalmazio Frau tra Van Eyck Dürer e Brueghel

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Pubblichiamo la prefazione al libro l’Arte Ermetica di Dalmazio Frau, a firma di Claudio Lanzi. 

L’Arte nasce contemporaneamente alla interrelazione dell’uomo con le sue percezioni, con i suoi sentimenti ma, soprattutto, con il suo stupore, il suo rispetto e la sua meraviglia verso lo svolgersi misterioso e imprevedibile della vita e della morte. La convinzione che un fato, un potere immenso che sovrasta, determina, a volte organizza ed altre sconvolge, il cammino dell’uomo fa esplodere il senso trascendente dell’ineffabile.

Questo timore-amore-rispetto verso il Mistero, attraversa le primordiali religiosità animistico-sciamaniche e si organizza e sviluppa in quelle teologicamente più complesse del mondo occidentale e orientale.

Ogni manifestazione dell’Arte nasce perciò come Arte Sacra. Questo vale per il teatro, per la musica, per le arti figurative, per la poesia, secondo quello schema classico che, nel nostro Occidente, è pervenuto quasi indenne fino allo scorso secolo, risentendo di tutte le principali culture europee a partire da quelle greche e romane attraverso quelle egizie, fino a quelle nordiche e mediorientali. Tutte le forme dell’Arte che conosciamo, introducono, in concomitanza alla rappresentazione della vicenda umana, un intervento religioso, una necessità  ed una presenza di ierofanie, che modificano e orientano lo svolgersi degli eventi.

Ciò avviene in poemi grandiosi come l’Iliade o l’Odissea o l’Eneide che, deprivate degli interventi degli Dei, delle muse e delle ninfe, contrariamente a quanto improvvidamente affermato da Baricco, perderebbero ogni potere sapienziale, ogni suggerimento metafisico. Il mondo ineffabile, divino, misterioso, magico (che diventa visibile e attraversabile dagli uomini solo in determinate condizioni di coscienza) è una conditio sine qua non per la stessa esistenza dell’Arte Classica.

Ma per conoscere, attraversare e rappresentare questo mondo è necessaria una scorta sapienziale decisamente imponente. Non se ne fa soltanto un problema di cultura. L’Artista antico (usiamo questo termine in quanto non ci sentiamo di estendere il nome di Artista a quasi  nessuno dei moderni  che sono stati chiamati “artisti” dallo stravolgimento semiologico e sociale operato in questi ultimi cento anni) proviene da scholae sapienziali iniziatiche: ha fatto un aspro cammino non solo nelle botteghe dei maestri delle varie arti, ma ha studiato incessamentemente l’universo dei simboli religiosi, conosce il linguaggio sacerdotale e ancor più, sia che svolga la sua opera in chiave “mistico-devozionale” o che si sia avventurato nel mondo magico, conosce il senso dei simboli ermetici.

Questi Artisti, protetti, coccolati, a volte viziati (ed altre perseguitati) dalle corti precedenti il Mille e poi ricercati e pazientemente formati nel Medioevo ed infine approdati nel Rinascimento, hanno lasciato “libri” di pietra nelle loro architetture e nelle loro statue; libri di colore nei loro affreschi, nelle loro tele, nelle loro vetrate; libri di parole e musicalità nei loro poemi. Insomma, l’Arte Classica, con espressioni e modi diversi canta una grandiosa ode al Creato, ne svela gli arcani, ne mostra le meraviglie e porta l’uomo con l’attenzione degli “antichi” a riconoscere tale messaggio e a divenirne parte.

Il libro di Dalmazio Frau sceglie non casualmente fra quattro artisti “quasi” coevi: Bosch, Van Eyck, Dürer e Brueghel. E sceglie un periodo in cui nelle corti europee esisteva ancora la possibilità di accedere per più vie e più scuole a tali dottrine. L’Uomo cercava ancora se stesso coniugando abilità e completa padronanza dei mezzi artistici (techné) e dell’esperienza spirituale; gli Dei entravano tranquillamente a gamba tesa nelle vicende terrene degli uomini, fondendo senza alcun problema dottrine pagane e dottrine cristiane.

Anzi, come si noterà da alcune delle descrizioni di Frau, assai spesso tali commistioni esaltano la comprensione di un mistero, entrano nel “dogma” e, senza svelarlo ne offono una visione simbolica sottile e profondissima. La rappresentazione del sacro e del sovrannaturale diviene immanente nella rappresentazione artistica e ciò accade soprattutto nei quattro artisti scelti da Frau.

Il pittore può rappresentare eventi che si svolgono in tempi differenti nella stessa tela.

L’Artista si permette di dipingere l’invisibile ad occhi profani, insieme al visibile purché lo faccia rispettando sempre le leggi  sottili e rigidissime della rappresentazione “ermetica”.

E con tale azione alza un velo sulla trascendenza, scopre in parte le nudità di Diana e nell’icona, sia colui che guarda come colui che dipinge, diventano protagonisti di uno spettacolo che altrimenti resterebbe completamente occulto. È un gesto caritatevole, che si svolge per chi ha occhi per guardare e orecchie per intendere.

Ovviamente se tutto ciò viene stravolto in una logica esclusivamente intellettuale, solipsista, autoreferente e brutalmente vanagloriosa, come oggi accade nell’arte, l’Opera ineffabile scompare, i simboli si mortificano dietro i colori e non riconoscono più l’ordine e la disciplina; la schola viene distrutta… e la sacralità affoga nel profano e nel laico, che tutto sommerge ed inquina.

* L’arte ermetica di Dalmazio Frau, pp. 160, euro 19,50, Arkeios edizioni

Claudio Lanzi

Claudio Lanzi su Barbadillo.it

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