Cultura. Se i poeti (che hanno il coraggio di sporcarsi le mani) ritornano ad appassionare

il-giovane-favolosoAh, i poeti! Li pensi dimenticati. Li ricordi noiosi. Poi, però, ti sorprendono sempre. Basta poco. Basta un nome ed ecco che riparte il grande interesse. E’ il caso della collana dedicata a Alda Merini, una pubblicazione – a cura del Corriere della Sera – che sta ottenendo un inaspettato successo di vendite. E richiede, adesso, un po’ di attenzione la buona risposta dei lettori che acquistano le liriche della Merini.

In edicola un libro di poesia stona un pochino. E’ letteratura di consumo acquistata distrattamente; lo avrebbe scritto un noto critico. Quando si vende poesia, tuttavia, è necessario fermarsi e capire: comprendere che, pur con tutte le sconfitte editoriali della scritture in versi, la poesia mantiene una forza nascosta; non esaurisce la sua attrattiva. Allora, perché compriamo i libri della poetessa milanese Merini?

Una risposta, questa: si compra poesia se resta leggibile il rapporto arte/vita. Un poeta è principalmente il fascino di una vita vissuta. Nel bene e nel male. I versi divengono attraenti se il rischio di vivere incontra la parola; se l’avventura umana diviene voce, si fa rima. E proprio con questa idea riconosciamo l’importanza artistica dei libri di Alda Merini. Il racconto dei suoi amori sofferenti sono il segno di una coerenza artistica, sono fiamme di una vita, sono eventi vissuti e trasformati in arte letteraria.

Per tutto questo Alda Merini è mitica. Perché ci fa pensare a Domenico Campana. Perché ci dice, ancora una volta, che la poesia è sporcarsi le mani; è il coraggio di vivere. E, ancora una volta, ripensiamo al vitalismo novecentesco, alla voglia di mangiare la vita. La poesia di maniera, quella priva di vissuto, andrebbe dimenticata. Nelle scuole andrebbe insegnata la poesia come scelta esistenziale, non come formula da mandare a memoria, non come labirinto di figure retoriche da oltrepassare per ottenere un voto sul registro del prof.

Quando leggiamo la Merini, si riconosce un mondo vero. Nel quale una donna grida l’ossessione, l’amore, la gioventù, “O giovani, / pieni di speranza gelida / che poi diventerà amore / sappiate da un poeta / che l’amore è una spiga d’oro / che cresce nel vostro pensiero…” L’esperienza dei poeti ha la possibilità di ritornare al centro della cultura occidentale. Ad esempio, il film dedicato a Giacomo Leopardi – “Il giovane favoloso” di Mario Martone in questi giorni nei cinema – deve far riflettere perché raccoglie inattesi consensi; perché dimostra che la coscienza del presente è scritta nelle poesie; perché conferma che la poesia resta una passione contro la vuota contemporaneità consumistica.

Allora leggete la Merini, ma, prima di tutto, tornate a leggere le scritture in versi, e poi gridate alle vostre vite, “Credete alle preghiere dei poeti / che invadono l’universo / credete alle loro orge d’amore / credete ai loro atroci spasimi” come ispira la poetessa che suonava il pianoforte e viveva sul Naviglio.

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Renato de Robertis

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