Tennis. Nessuna marsigliese, la Davis parla svizzero e incorona Roger Federer

svizzera federerLa Davis va alla Svizzera. Per molti non poteva che andare così. Vuoi per la classifica dei due singolaristi elvetici, vuoi per l’attenzione che Roger Federer aveva dimostrato nei confronti di questo appuntamento non giocando la finale del Master sette giorni prima. Eppure la Davis ci ha abituato a sorprese, a partite interminabili dall’esito sempre incerto. Con il fiato sospeso fino alla domenica sera quando un ciuffo d’erba irregolare, una scivolata più lunga sulla terra rossa potevano decidere l’esito di un’intera stagione. Il fatto è che è mancata la Francia.

Quando, nella giornata di sabato prima del doppio che ha di fatto deciso la sfida, all’interno dell’Arena di Lille è risuonata la Marsigliese, le lacrime di Tsonga sono state rivelatrici di tutto un problema di spogliatoio. Non aveva infatti senso, e non l’ha avuto, puntare tutto su Gasquet prima nel doppio e poi, sciagurata scelta di Clement, pure nel singolo decisivo contro sua Maestà Federer. Gasquet era infatti reduce da un anno tremendo sotto il profilo fisico e altrettanto tremendo dal punto di vista dei risultati. Non era l’uomo giusto per aspettarsi una partita al di sopra delle proprie possibilità, come quella di un Monfils che è proprio il tipo di giocatore che serviva in situazioni come queste. Clement avrebbe dovuto fidarsi di Tsonga il più abituato a giocare con i top ten, quello che forse sentiva più di tutti la sfida. Proprio perché la Davis che storicamente non è un obiettivo dei top player può essere invece il trofeo che impreziosisce la stagione delle seconde file del tennis.
Venendo ai matches, tutto o quasi secondo pronostico dunque eccetto per l’exploit di Monfils contro Federer nella giornata di venerdì. Federer e Wawrinka al sabato hanno riportato il timone al centro imponendosi nel doppio senza storia, e Federer ha poi chiuso i conti domenica. Due tre a zero che hanno privato della Davis delle emozioni che tutti si attendevano.
Il fatto è che quest’anno la Francia in panchina non aveva un Napoleone, ma un misero De Grauchy, e la Svizzera aveva dalla sua l’imperatore: Roger Federer.

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Michele Fronterrè

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