M5S. Il professor Becchi denuncia l’agonia della leadership di Grillo

BEPPE GRILLO«Il Movimento Cinque Stelle ha cambiato molto la politica ora il rischio che sta correndo è di farsi cambiare dalla politica». Paolo Becchi conclude con uno slogan al vetriolo l’analisi rilasciata al Fatto quotidiano sullo stato di saluto della cosa di Beppe Grillo. Insomma, se a parlare è l’ideologo ormai insofferente dei pentastellati, la questione si fa seria. Il «sono un po’ stanchino» del comico genovese, pronunciato a margine della nascita del direttorio che lo dovrà affiancare nella gestione sempre più faticosa dei gruppi parlamentari, vale come un chiaro segnale di cedimento interno: «Difficile dire – spiega Becchi – che cosa succederà ora con questi cinque nuovi primus inter pares. Il gruppo dei dissidenti interno tra i portavoce, sempre più numeroso, non pare avere né la forza né la volontà per creare un nuovo gruppo parlamentare. E comunque, se anche dovesse avvenire, nascerebbe un nuovo partitino che andrebbe a frammentare ulteriormente la forza dell’opposizione».

In altre parole, secondo il professore a cinquestelle l’emorragia non è solo iniziata, ma essa stessa rischia di essere funzionale a un sostegno oltre Berlusconi del riformismo renziano. Ovvero, uno fallimento su tutta la linea per il MoVimento e per le istanze di quegli elettori – non pochi – che sul progetto di Grillo ci hanno investito sfiorando vette da messianismo web. «Il rischio a questo punto non è neppure la scissione, ma una lunga e lenta agonia nella trasformazione partitocratica. Il paese reale ha bisogno di una forza che sappia portare le istanze della società all’interno dei palazzi della politica. Bisognerebbe riacquistare lo spirito delle origini».

Il momento è dei peggiori. Sul piatto ci sono le espulsioni dei deputati Arpini e Pinna in presunta violazione delle procedure interne, ma anche e sopratutto le percentuali imbarazzanti raccolte in Emilia-Romagna e peggio ancora in Calabria. «Per la seconda volta in pochi mesi – spiega ancora Becchi – bisognava prendere atto degli errori commessi e ripartire, ma invece si è ricominciato con i soliti banali autogol». Tutto ciò avviene a fronte della prossima elezione (mai annunciata ufficialmente) del successore a Napolitano. Una tappa che rischia di segnare l’archiviazione della ventata grillista nel Paese.

Le Quirinarie, in fondo, avevano rappresentato un metodo che per quanto discutibile e cacofonico (Rodotà-tà-tà), ha dato il la alla prima elezione al Colle più partecipata a livello popolare della storia repubblicana. Un ricordo lontano. E Grillo? «Le grandi personalità, i grandi capi – segnala Becchi – si vedono nel momento della sconfitta, nella forza di reagire agli eventi, nella lucidità dell’analisi per ripartire. Non è questa l’impressione che ci lascia: dopo averci fatto sognare, sta distruggendo con le sue stesse mani la sua creatura, il nostro sogno».

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Fernando Massimo Adonia

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