Cultura. “Poeti americani”, che passione! Un manifesto in versi da Pound a Eliot

Ezra Pound
Ezra Pound

Tornare alla poesia. Alla sincerità artistica. Di tutto si può scrivere sulla ‘cenerentola editoriale’, la poesia, tanto dimenticata, così poco letta, ma di sicuro percepita, sempre e comunque, come un atto creativo sincero. In questi giorni di festa  un libro di poesie è un regalo gradito, un lieto segno per ricordare che la poesia è voglia di vivere. Dimentichiamoci dei romanzi creati negli ingannevoli  laboratori di scrittura. Chiudiamo le pagine delle storie scritte per inseguire le mode, le retoriche del crimine, le fittizie avventure di poliziotti o avvocati. Ricordiamoci, invece, che i versi furono sinceramente scritti  con la vita, con la fede di credere in un tramonto o in una nazione.

 Pertanto, consigliamo il recente “Poeti americani” (1900/1956) – Bompiani, 2014,  a cura di R. Savesi –  una notevole raccolta di liriche in cui sono individuabili le ragioni storiche del ‘fare poesia’, ma, principalmente, sono leggibili quei motivi della poesia americana che influenzò la letteratura europea, la quale, nella prima metà del XX secolo, non comprese la rivoluzione letteraria dei poeti statunitensi, la loro voce violenta e orgogliosa.

Questo libro Bompiani raccoglie i versi di E.Lee Masters, E. Pound, W.C. Willians, T. Roethke, T.S. Eliot e tanti altri, per confermare una forza espressiva unica ovvero un modello artistico attualissimo, un modello che continua ad esprimere passioni e ragioni da lanciare dentro le battaglie della vita. Come nel testo storico di  E.Lee Masters, “Molti soldati” in cui la voce del poeta comunica un mondo vero, quello dei militari, “L’emozione di portare il fucile; / La posizione del mondo quando saremo tornati, / Uno  splendore di gloria; l’odio verso i nemici; / Un sogno di dovere verso la patria o Dio …” (pag. 45)

Nell’introduzione, Guido Carboni scrive che i versi indicano sempre una “missione impossibile” cioè un tentativo ambizioso di entrare repentinamente nei cuori degli uomini. In più, per domanda, con i versi “possiamo rinunciare a creare comunicazione e forse comunione?” (pag. 5) E aggiungiamo che non possiamo rinunciare alla poesia come testimonianza storico-comunitaria, che andrebbe maggiormente studiata e diffusa per oscurare la comune idea di poesia intesa come una soluzione psicologia individuale.

Anche per questo Carboni sottolinea che “la poesia cerca di dare forma  all’ esperienza della vita, e dunque alle ‘storie’ inevitabilmente dentro la Storia. Pound pensava ai suoi Cantos come a un poema “with history in it.” (pag. 8) Con questo, nella bella antologia Bompiani, l’inserimento della lirica IV di Pound, da E.P. Ode pour l’èlection de son sepulcre, rende limpido il nostro legame con le finalità dell’arte poetica e con l’opera poundiana. Così, quando leggiamo Pound, non possiamo non chiedere parole di verità mentre intorno tutto è corruzione. “Costoro in ogni caso, si batterono / E qualcuno credendo, pro domo, in ogni caso… / Alcuni pronti alle armi, / Alcuni per avventura, / Alcuni per paura della debolezza, / Alcuni per paura di censura, / Alcuni per amore di carneficina…” (pag. 177)

 In questa antologia, tuttavia, doveva essere inserito il canto LXXXI dei Cantos, ovvero il celebre motivo poundiano dedicato alla forza della tradizione, “Quello che veramente ami non ti sarà strappato…”, un motivo altamente lirico che ha parlato a molte generazioni e ha riecheggiato il dramma di continuare a credere. Sicuramente, il pregio del libro “Poeti americani” sta proprio nell’aver raccolto un mondo di voci in cui i più giovani oggi possono scoprire autori ricchi di tensioni storiche ed etiche. Come il caso del poeta Robert Lowell, calvinista, cresciuto nella tradizione puritana, partecipe al Secondo conflitto mondiale, poi cristiano obiettore di coscienza, infine testimone di una crisi umana e religiosa. La sua voce  ci spinge a  leggere le poesie come documenti storico-artistici, da cui ripartire in questo “inverno dello spirito” contemporaneo,“I nostri padri strapparono il pane dai tronchi e da pietre / E recintarono i loro giardini con le ossa del Pellerossa; / Imbarcatisi dalla Terra Bassa d’Olanda, / Pellegrini sfrattati  dalla notte di Ginevra, / Qui piantarono i semi di luce del Serpente…”  Oh  tu verso assolutamente bello, i semi di luce del Serpente!

                                                                                                                        Renato de Robertis

  ‘Poeti americani (1900/1956)’ –  a cura di Roberto Sanesi –  Ed. Bompiani, Novembre 2014, euro 18.00

Renato de Robertis

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