Veneto. Se Tosi diventa l’affossatore del centrodestra (come Micciché in Sicilia)

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tositigreIl rischio è dei più seri. La candidatura di Flavio Tosi alla presidenza della Regione Veneto avrà l’effetto di uno tsunami. Se ne sono accorti pure i sondaggisti. L’istituto Ixé, quello che fornisce le tabelle sulle intenzioni di voto ad Agorà, intercetta già un meno 0,7% ai danni della Lega su tutto il territorio nazionale. Questo mentre l’elettorato del Carroccio sarebbe più o meno compatto intorno alla leadership di Matteo Salvini. Solo il 20% resiste al fianco del sindaco di Verona, una fronda che però sarebbe tutta o quasi arroccata nel nordest.

Ed è proprio lì che la disputa tra i due va letta in tutta la sua portata. «Dittatore» o no, il calcolo di Matteo Salvini segue un ragionamento concreto. Quello cioè di escludere dall’alleanza per la Regione il blocco centrista capitanato da Ncd. La questione è solo in parte ideologica e ha ben poco a che vedere con Angelino Alfano e il malaffare connesso a Mare Nostrum. Il tentativo è dei più pratici: azzerare un’area che sta al governo sia del Paese che di varie amministrazioni locali, pur avendo percentuali minimali.

Insomma, stavolta la battaglia per il Veneto poteva valere davvero quanto un laboratorio politico di ampia portata nazionale e utile a ridisegnare i poli in campo. L’ammutinamento di Flavio Tosi ha invece scompaginato ogni calcolo. E portando i propri voti fuori dal recinto del centrodestra, il sindaco della città di Giulietta azzeccherebbe un ambo milionario: dare in un sol colpo nuova linfa a un centro sempre più privo di contenuti e consegnare la Regione al centrosinistra.

TOSI COME MICCICHE’?

Gongola ovviamente il Partito democratico, che senza colpo ferire potrebbe spuntarla dentro un territorio da sempre ritenuto ostile, Venezia esclusa. Ringrazia ladylike Alessandra Moretti. Ormai, però, è tutto possibile. Dopo la vittoria di Rosario Crocetta in Sicilia sicuramente. In fondo, la pessima legge elettorale per le regionali che non prevede doppio turno, parla chiaro: basta un solo voto per vincere. E dove il parterre dei candidati è spezzettato, sarà il caso a consegnare la guida di enti decisivi  a delle minoranza magari prive dei voti necessari in aula.

Gianfranco Micciché lo sa benissimo, proprio lui che è stato l’autore del 61 a 0. Il mancato appoggio a Nello Musumeci nel 2012, dopo una primissima convergenza, ha portato a una marginalizzazione del centrodestra non solo alla Regione ma nei settori che contano della vita pubblica isolana.

Da enfante prodige, Tosi rischia oggi di addossarsi una responsabilità storica assai pesante. Il tutto mentre l’area dei moderati è lì lì per consegnarsi mani e piedi tra le braccia di Renzi. La verità è che senza il centro non ci può essere né centrodestra né un’opa su di esso. E se alla destra ci sta già pensando Salvini, senza un’area articolata e maggioritaria, il rischio è la marginalità politica a più livelli.

Sia chiaro, cadesse il Veneto tutto il progetto di una Lega 2.0, di Noi, finirebbe nel cestino. Il rischio ulteriore è che, passasse l’Italicum, al governo andrebbe e per lunghissimo tempo il cosiddetto Partito della Nazione. In quel caso, l’ancoraggio nel locale garantirebbe la navigabilità a  una intera galassia. Detta in altri termini, la schermaglia tra l’altro Matteo e il sindaco dell’Arena può tradursi in un vuoto a perdere. E dire che Tosi, prima ancora di Salvini, aveva avuto l’intuizione di guardare sotto il Po, di strizzare l’occhio a destra e di strappare la leadership a Berlusconi.

Siamo al tafazzismo. Superfluo il confronto con Gianfranco Fini e l’esperimento ormai da manuale di Democrazia nazionale. L’esito è stato a dire poco fallimentare. Ma non per “gli altri”. Napolitano e Renzi ringraziano ancora la miopia condita dal risentimento dell’ultimo segretario della fiamma tricolore.

E se è vero che la partita veneta ancora non può dirsi chiusa, gli spazi di manovra sono ridotti all’osso. In attesa di ripensamenti, la barzelletta inglese del marito che si taglia il “naso” per fare un dispetto alla moglie sembra in dirittura d’arrivo. Stavolta però la base del Carroccio e non solo avrebbe ben poco da ridere.

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Fernando Massimo Adonia

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