Tifo. Abbasso Tavecchio, viva Armandino: contro chi vuole zittire gli stadi

armandino alla riscossaC’è un vecchio signore che s’è trovato a fare il capo della Federazione Giuoco Calcio. Una coroncina di capelli bianchi gli cinge la testa. La mano, in un gesto bonapartesco, si infila tra i bottoni della giacca in una posa seria e fiera che farebbe la felicità dei complottisti di tutte le latitudini. Guarda il mondo attraverso un paio di occhiali. Un mondo che ancora non lo conosce e del quale lui, pesce fuor d’acqua, ancora non conosce veramente tutte le regole. Evoca metafore esotiche, banane sbucciate e vivai sbertucciati. Lo chiamano razzista, per via di quell’Optì Pobà che conosce solo lui e che finisce per offendere tutti i ragazzetti di colore che le squadre italiane importano in quantità industriale dall’Africa. Poi, il colpo di genio per rifarsi una verginità professorale. Carlo Tavecchio, si chiama. E ha deciso di riabilitarsi capeggiando la rivolta delle rivolte: aboliamo gli striscioni allo stadio. E chi se ne frega se fino a tre giorni fa eravamo tutti Charlie.

C’è un corpulento signore che s’è trovato in mano le sorti della pedata italiana dopo il più grande disastro pallonaro italiano dalla Corea del ’66 e dalla Nuova Zelanda del 2010. Prima s’era trovato in mano un giocattolone tanto bello quanto pericoloso: la Società Sportiva Lazio. Ha raccolto i cocci, ha insegnato al calcio ancora ubriaco delle sette sorelle il significato della parola “rateizzazione”, ha costruito squadre al risparmio ma ha ottenuto, innegabilmente, dei risultati. Poi c’ha preso gusto a fare il salvatore della Patria e, con il cognato Marco Mezzaroma, ha rilevato la Salernitana riportandola in pochi anni dal baratro della D al sogno del ritorno in B. Claudio Lotito è stato il deus ex machina dell’elezione di Tavecchio alla Figc. L’ha difeso sempre da chi continua a notare come l’ex sindaco di Ponte Lambro non abbia le physique du role per recitare un ruolo così importante.

Dovrà parlargli, però, in merito a ‘sta questione degli striscioni. E dovrà farlo bene. Tavecchio, che non è proprio un raffinato sofista, mette tutto dentro un calderone. Come fan tutti, in fondo. Lotito, che invece rivendica formazione classica, non potrà che tirargli le orecchie. A parte la confusione lessicale e concettuale, di fondo, tra strumento e messaggio (sarebbe serio proporre la cancellazione dei social network per evitare il proselitismo jihadista?) vietare gli striscioni vuol dire chiudere la bocca a chi va allo stadio. E tutti vanno allo stadio per farsi sentire. Chi va in curva a cantare e sostenere, chi nei distinti a smadonnare e ricordare vecchie formazioni che non torneranno mai più, chi in tribuna a lanciare indicazioni tecnico-tattiche e a lamentarsi del calcio di oggi. Lo stadio è un porto,che dovrebbe libero nell’ovvio rispetto della legge e del buon senso. Da sempre sulle gradinate, tra le poltroncine o sugli scaloni ci si sorprende a litigare sulle qualità del proprio mediano e spernacchiare il centravanti degli altri.

Quando sarà reato dare del cornuto all’arbitro, cioè tra pochissimo, allo stadio non ci andrà più nessuno. Resteranno solo gli scalmanati veri, quelli che non avrebbero comunque nulla da perdere e che farebbero casino anche alla Bocciofila e i titolari dei biglietti omaggio. Alle partite andranno solo i turisti del calcio. Nelle serie minori, perciò, il pallone scomparirà. Chi si imbarcherebbe mai dal Giappone per assistere a Novara-Monza?

Un’ultima annotazione, poi, il signor Lotito dovrà pur farla presente al buon Tavecchio. All’Arechi di Salerno, dove lui spesso e volentieri si fa vedere, di striscioni se ne vedono tanti. Sia dalla Curva Sud dei padroni di casa che dai settori ospiti. Il campionato, che sta quasi spirando, ha visto alternarsi e incrociarsi nell’impianto salernitano tante squadre e tifoserie. Alcune gemellate, amiche e altre acerrime rivali. Tra salernitani e irriducibili avversari, come da sempre accade, sono volati improperi e sfottò. Per ottanta minuti a partita, non per novanta.

Perché, di solito all’inizio del secondo tempo, anche i “nemici” più agguerriti hanno sempre esposto – tra gli applausi – lo striscione “Armandino non mollare”, dedicato al bimbo che con un coraggio da gladiatore sta combattendo la battaglia della vita.  Secondo i desiderata veementi espressi sugli striscioni da Tavecchio nessuno dovrà più manifestare solidarietà e sostegno alla lotta del piccolo salernitano. Lotito, che sarà anche bottegaio ma è pure uomo di mondo, lo fermi finchè è in tempo.

Fare ammuina indossando parrucconi di sobria alterigia è facile. Fare (e dire) la cosa giusta, evidentemente non lo è.

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Giovanni Vasso

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