Francia. Chi è Florian Philippot astro nascente del Front National (vice di Marine Le Pen)

Philippot al centro della foto durante una manifestazione frontista
Philippot al centro della foto durante una manifestazione frontista

“Vuoi presentarmi un enarca? No, per favore, mi annoierei”: così racconta il Foglio avvenne l’incontro tra Marine Le Pen, leader del Front National, e Florian Philippot, giovane promessa della politica che nel giro di pochi anni sarebbe diventato il vicepresidente della fiamma francese, nonché il protagonista della svolta governista.

Dall’incontro nel 2009, Florian Philippot, di formazione gollista, e Marine Le Pen non si sono più divisi e hanno arricchito il programma frontista di temi che andavano ben oltre le campagne di papà Jean-Marie sull’immigrazione. Philippot, infatti, scrive Mauro Zanon sul Foglio, cavalcava “la lotta per la sovranità economica e monetaria della Francia, l’affermazione delle frontiere e l’affrancamento da Bruxelles. Una lotta che lo avvicinò al sovranista di sinistra ed ex candidato alle presidenziali Jean-Pierre Chevènement, e lo ricongiunse idealmente con Charles De Gaulle, ‘la mia figura di riferimento in assoluto'”. In pratica aggiunse al repertorio nazionalista una visione rivolta al sociale e all’economia.

“Oggi Philippot, all’origine dell’ormai celebre strategia della “dédiabolisation”, che ha dato i suoi frutti nel corso delle ultime scadenze elettorali, è fin troppo in vista. Consigliere privilegiato di Marine Le Pen, è “l’uomo che sussura all’orecchio della presidente frontista”, è intoccabile e la sua scalata irrita molti in seno al Front , al punto che i suoi detrattori più accaniti lo hanno ribattezzato malignamente “Philippot 1er”. Tra questi c’è papà Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Fn attualmente sospeso dal partito, che ha accusato Philippot di essersi impadronito dell’“apparecchio frontista” e di aver piazzato tutti i suoi “mignon”, i suoi cocchini, cioé i giovani gollisti del nuovo corso – in realtà Le Pen ha parlato di “eterofobi gollisti”, per provocarlo sulla sua omosessualità – nei posti che contano” (da Il Foglio).

La svolta principale segnata da Philippot, però, riguarda la limitazione dello strapotere di Jean-Marie Le Pen, le cui sfuriate volte ad accarezzare l’elettorato più radicale hanno portato il partito a prendere nettamente le distanze dal suo fondatore.

All’orizzonte, infatti, c’è un ulteriore percorso di modernizzazione del Front National, attraverso un nuovo “un’assemblea generale straordinaria, per fare del Fn un movimento patriottico”. E qui, sembra di ripercorrere le tappe dell’evoluzione del Msi in Alleanza Nazionale in Italia. Perché anche il nome (e a questo punto anche il simbolo) entra in discussione, dal momento che è in discussione il progetto di una “alleanza patriottica” alla quale partecipino anche espressioni della società civile, dell’economia, dell’impresa e del mondo del lavoro che non si riconoscono nell’identità dell’attuale Front (tra le possibili adesioni si ipotizza quella di Nicolas Dupont-Aignan, leader di Debout la France, gollista di ferro).

“Ora c’è una sola linea, il ‘marinismo’, lotta all’immigrazione massiva, alle derive comunitariste, al lassismo giudiziario, all’Ue per ritrovare la nostra sovranità nazionale” (Florin Philippot)

Alle elezioni regionali di dicembre Philippot sarà capolista del Fn nella regione Alsazia Champagne-Ardenne Lorrena e spera di vincere la campagna elettorale al pari dell’indentitaria Marion Le Pen (vicina alle posizioni del nonno) in Provenza-Alpi-Costa Azzurra

La svolto filorussa di Philippot e il dissenso sulla guerra alla Libia di Sarkozy

Tra gli elementi più interessanti del braccio destro di Marine Le Pen c’è una sensibilità multipolare in politica estera, formula che ha portato il Front National a stringere legami con la Russia e a contestare la guerra neoconservatrice di Sarkozy per ribaltare il regime di Gheddafi in Libia: “Dobbiamo finirla di demonizzare la Russia, non siamo più nella Guerra Fredda. La Francia deve essere una forza di equilibrio, che intrattiene buoni rapporti sia con Washington sia con Mosca, con Londra, con Roma, con Berlino, con Pechino”. L’attacco a Sarkozy e alla sua “musa”, Bernard Henri-Lévy, instancabili guerrafondai nel contesto libico: “Stiamo pagando le conseguenze delle loro spacconate. Quell’intervento fu un errore politico clamoroso. Sarkozy non dovrebbe più avere il coraggio di presentarsi, Bhl dovrebbe essere scomunicato a vita, ma siccome la nostra è una democrazia malata, il primo si candida alle presidenziali e il secondo continua a pontificare. Nel 2011, siamo stati gli unici, noi del Fn, a mettere in guardia dai pericoli di quell’intervento. Attenti, destabilizzerete il paese, metterete al potere i jihadisti e spalancherete le porte a un’immigrazione massiva verso l’Europa. Ed è quello che è successo”.

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jean Tigana

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