Politica. “All’armi siam leghisti” vademecum per approfondire la Realpolitik di Salvini

imageUno strumento per la comprensione del fenomeno Matteo Salvini. Il saggio di Antonio Rapisarda “All’armi siam leghisti” (Aliberti) è un ricco studio sul leader della nuova Lega post-bossiana. Il sottotitolo del volume, “Come e perché Matteo Salvini ha conquistato la Destra”, indica la direzione del focus del giornalista siciliano, e rivela le assonanze tra le elaborazioni culturali “a destra” (dalla riflessione sulle identità al bioregionalismo, al populismo) e le piattaforme di alcuni ambienti del Carroccio, minoritari fino all’elezione a segretario dell’eurodeputato milanese.

La nuova Lega non è frutto solo dell’intuito politico del leader, abile e tempestivo nel  monopolizzare la bandiera antieuropea, ma è il risultato dell’immissione di realismo in un centrodestra sonnolento per la riproposizione stantia di programmi mai realizzati o di innovazioni di tipo anglosassone (orecchiate appena, mai approfondite).

Quando si tratterà di definire politologicamente la categoria del salvinismo, tutt’ora in rapida evoluzione, il volume di Rapisarda consentirà di non fermarsi alle semplificazioni tra nero-verde e fascio-leghismo. Di sicuro c’è un orizzonte più ampio, marginale nell’ultima campagna elettorale consumata tra slogan e contestazioni, come spiegato nella prefazione da Pietrangelo Buttafuoco: “La destra di Matteo Salvini è essenzialmente questo: ridare fisicità a un blocco popolare maggioritario nel Paese che, nel giro di pochi anni, si è trovato defraudato di partiti, leader e della legittima e tutta politica rappresentanza dei propri interessi. Necessità che, in questo caso – e ci tornano in mente i pochi campioni del sovranismo nostrano, ovvero Enrico Mattei e Bettino Craxi – si connettono fatalmente con gli interessi del Paese. (…) Il ritorno alla politica a destra è questo. Ridare una casa agli italiani e ridisegnare una cartina geografica sulla qua- le l’Europa dei padri è scomparsa. Le linee di questa mappa non sono solo orizzontali, ma anche verticali. Guardano in alto: al Sole delle Alpi, certo, che si riflette nel Mare nostrum. E abbracciano l’aggregazione continentale che porta in Asia”.

Rapisarda, assemblando un mosaico di volti e testimonianze, descrive il viaggio di Salvini, che – allo stato – ha trasformato il Carroccio-federalista, in un movimento populista originale: non ci sono, infatti, in Europa esperimenti simili di movimenti insieme anti-Ue e forze di governo (Lombardia e Veneto). Le tappe? Dalle Europee del 2014, quando la Lega ha eletto al centro Mario Borghezio grazie alla sinergia con Casapound, al comizio milanese del febbraio 2015, fino ai tour in Puglia e Sicilia.

Il “felpmaresciallo” (geniale definizione di Vincino) si rivela giorno dopo giorno qualcosa di diverso da un “nuovo gabbomondo di talento” (Francesco Merlo), e con un lessico istintitvo, da lettore del Borghese di Mario Tedeschi contaminato con battute da Telequiz, intercetta il disagio giovanile e delle categorie non più rappresentate dalla polverizzazione del centrodestra.

Chiusa la Padania-quotidiano, Salvini ha trovato un pubblico a cui rivolgere i suoi messaggi sulla rete: oltre ai canali social coordinati da Luca Morisi, i magazine digitali L’intellettuale dissidente (diretto da Sebastiano Caputo) e Il Talebano (di Vincenzo Sofo e Fabrizio Fratus)  hanno fornito una vetrina per il mondo giovanile non allineato delle idee del segretario della Lega nazionale, mentre il nuovo corso dava maggiore linfa alle raffinate elaborazioni di circoli lombardi come Terra Insubre di Andrea Mascetti. Gli incontri promossi da associazioni d’area con intellettuali non allineati come Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Fini e Alain de Benoist hanno confermato che – pur rimanendo nel pantheon leghista Oriana Fallaci, l’avversione per l’Eurabia e una certa ostilità preconcetta rispetto alla libertà di culto sancita dalle leggi italiane – temi come il rapporto con la Russia, la riflessione su politiche energetiche in grado di restituire autonomia all’Italia o neoidentitarismo avranno diritto di cittadinanza nell’alleanza anti-Renzi che verrà.

Certo, la politica e le sfide dei territori per Salvini sono da affrontare senza dogmi. E questo spiega l’aver raccolto, soprattutto al Sud, esponenti provenienti da tradizioni politiche neocentriste (il caso Angelo Attaguile) che poco hanno a che spartire con gli scritti di Alexander Dugin, o con etichette rivoluzionario-conservatrici. Sullo sfondo resta anche la questione immigrazione, tema che non può prescindere certamente da regole e civiltà, ma che Salvini affronta senza fare tesoro della lezione di Alain de Benoist e Giano Accame sugli esclusi dall’establishment globale.

Il saggio di Rapisarda, conferma le intuizioni di Antonio Polito sul Corriere della Sera: “La nuova Lega (offre ndr) una rappresentanza di interessi e di opinioni che neanche al suo massimo punto di espansione la sinistra può interpretare”. La sfida finale, quella dopo le regionali, è ben individuata nelle conclusioni: “E allora il contadino, il pescatore, il commerciante, il piccolo produttore, l’artigiano, l’esodato, il neet (il giovane che né studia né lavora) si sono ritrovati – scrive Rapisarda – accanto al leghista a condividere lo spazio all’interno di un contenitore protestatario nella forma ma che si candida a essere politico e portatore di un programma nella sostanza”. E se non ci si candida alla guida dell’Italia con slogan “ruspanti”, la prossima prova per Salvini sarà quella della stesura di una piattaforma di governo, e dell’aggregazione di altre forze e ambienti necessari per questo percorso. E qui la storia è tutta da scrivere.

*“All’armi siam leghisti” di Antonio Rapisarda (Aliberti)

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Michele De Feudis

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