Fifa. Sfida nostalgia tra fuoriclasse per la presidenza: meglio Zico o Platini?

Artur Antunes da Coimbra, cioè Zico il giramondo che stava per far tornare Udine all’Austria. Michel Platini, l’uomo del fair play finanziario nell’Europa degli sceicchi e degli oligarchi. La sfida della nostalgia, delle vecchie glorie passate dal rettagolo verde alle stanze dei bottoni. La “punizione” di Blatter, per due numeri dieci. Chi la batterà, insediandosi così sulla poltrona del dimissionario (postdatato) Sepp l’ex deus non più optimus ma ancora maximus della pedata internazionale.

Chi è più forte Platini o Zico? Una delle domande fatali del calcio anni ’80 risale i meandri dell’oblio, si fa strada fra le sigle dei cartoni animati che ormai non danno più, si arrampica sulle Timberland dei paninari e spazzola i baffoni che all’epoca erano d’ordinanza. Chi fa dei numeri una religione dirà Platini che soffiò per un sol gol al brasiliano la classifica marcatori nel campionato di grazia 1983-84. Chi fa del cuore la sua guida risponderà che segnare con la Juve è cosa diversa che mitragliare le porte avversarie con l’Udinese. Non c’è mai stata una soluzione definitiva, un metodo certo per stabilire tra due campioni chi fosse il migliore.

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Chi è più carismatico, Zico o Platini? Artus Antunes de Coimbra ha girato il mondo. Da calciatore ha accettato la sfida folle dell’Udinese di Lamberto Mazza, poi se n’è andato in Giappone a evangelizzare la terra dei samurai al verbo del pallone. Quando la Federcalcio osò bloccare il trasferimento, insorse tutta una regione. “Zico o Austria”. Michel, nonostante fosse alla Juve e nonostante le omelie odierne, da calciatore non era proprio umilissimo. E contestava pure gli arbitri, come quando si stese per protesta In fondo la sua classe poteva permettergli anche di fargli tener testa alle intemerate anti-tabagiste dell’Avvocato: “Che fai, fumi?” “L’importante è che non fumi Bonini, che deve correre. Io sono Platini”.

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Chi è più “politico”, o Galinho oppure le Roi? Nell’Europa centralista del pallone tutti conosciamo Michel Platini. Il suo impegno alla Uefa, le assurdità, il Fair Play finanziario, il buonismo elitario, gli striscioni vietati e la sua vorace ambizione. Vicinissimo al Vegliardo Blatter, da qualche tempo lo ha rinnegato. Ma, in buona sostanza, sembra che il suo eventuale mandato – sotto il profilo delle direttive – sarà in continuità con quello di zio Sepp. In Europa, Zico ha scelto di giocare con una provinciale mitteleuropea come l’Udinese Amato e apprezzato ma sicuramente meno conosciuto. È stato tra i veri fondatori del movimento calcistico moderno in Giappone e ha lavorato molto sulla via della Seta, tra Asia e Medio Oriente. Potrebbe rappresentare una posizione terzista.

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Chi è più leggendario, Zico o Platini? Questa è l’unica domanda a cui si può rispondere senza paura. Entrambi. Il Galinho, talento cristallino ingabbiato tra muscoli delicatissimi e Le Roi, numero dieci quasi per sbaglio, che sognava di essere Pelè. Patente di nobiltà, il primo, acquistato per sei miliardi di lire dalla provincia orgogliosa che non accetta la subalternità, il secondo emblema del lusso concesso alle plebi dall’altissima aristocrazia borghese, quella degli Agnelli. Due leggende. Almeno fino a che sono rimasti in campo.

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Giovanni Vasso

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