Arte/Milanesiana. Battiato ovvero un pittore primitivo sublime

Franco Battiato

Franco Battiato
Franco Battiato

Icone di silenzio. Racconti sommessi. Sospensioni temporanee delle espressioni dei volti. Non sono questi titoli delle canzoni di Franco Battiato. Sono atmosfere percepibili di fronte alle sue tele. La storia del musicista siciliano è notissima. Si fa invece un punto sul Battiato pittore in una mostra allo Iulm di Milano. Per la ‘Milanesiana’, diciannove ritratti sono al centro di una narrazione di volti assorti,  di espressioni psicologiche raffinate – vedi i dipinti dedicati a Fleur Yaeggy e a Elisabetta Sgarbi. Naturalmente emergono le immagini dell’universo di Battiato, ossia tele per Gilgamesh, per i Dervishes,  per un Oriente guidato dall’antica saggezza.

Gesualdo Bufalino scriveva sulla pittura di Battiato definendola “una cifra inconfondibile dell’anima.” Per questo, nella ‘Milanesiana’, è riconoscibile un bilancio per narrare l’anima degli amici e delle cose amate da Battiato. L’anima delle cose? Come nel quadro dedicato ad una teiera. Per un attimo,allora, il riferimento va a Giorgio Morandi, ai suoi oggetti con i quali il grande artista bolognese scopriva l’anima delle cose.

Dobbiamo molto alla storia musicale di Battiato. I suoi testi ci hanno emozionato con frasi come “D’Annunzio salì a cavallo con fanatismo futurista.” Negli ultimi anni poi abbiamo cantato contro ogni corruzione, “Non ci siamo capiti /e perché dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti.” Come nelle canzoni, ora la dimensione della sua proposta pittorica è incisiva. Riflette l’essenzialità. La sua è definibile come una figurazione neo-primitiva perché alla ricerca dell’espressività del simbolo; un’espressività lontana dai discorsi culturali di moda.

Si sa, solo pochi anni fa, l’artista catanese si sganciò da ogni appartenenza culturale e politica. Per poi avvicinarsi al governo regionale Crocetta. “Non sono né di Destra né di sinistra, sto in alto” disse Battiato.  Non è il momento per guardare al passato.  Un artista è tale se  esprime la sua libertà. La sua ricerca avanza se va dove gli altri non sono mai andati. Egualmente Battiato, con la sua pittura, si inoltra verso percorsi incontaminati compresi tra la riflessione spirituale e la dolcezze delle rose. Così il suo sguardo contempla “la pietas, i valori dell’anima capiti e vissuti”, come scriveva Gabriele Mandel. Questa citazione fa riflettere su un’esperienza che rifiuta la commercializzazione dell’arte. Battiato ci ha sempre affascinato con le citazioni di René Guenon. E ci ha appassionato con le canzoni de “L’era del cinghiale bianco”, un titolo questo che rammenta una leggenda celtica. Adesso egli trasporta molto di questo carica artistica dentro un linguaggio che racconta l’amicizia, la fede, il silenzio.

L’arte contemporanea – il suo dna sperimentale e/o pop – ha perso contenuti e messaggi e la fede nell’umanità. Per questo individuiamo, nella pittura di Battiato, un ritorno all’ordine, un ordine spirituale con una figurazione sensibile al sublime primitivismo italico del Quattrocento. Ciò basta per ritornare, anche quest’anno, alla ‘Milanesiana.’

 

 

 

Renato de Robertis

Renato de Robertis su Barbadillo.it

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