Cultura. I taccuini olimpici di Mishima, reporter a Tokyo 1964

AVT_Yukio-Mishima_4955I ricercatori contemporanei, seguendo i dettami del mondo accademico statunitense, si sono totalmente votati alla ultra-specializzazione, favorendo uno studio elitario, di nicchia e quasi sempre autoreferenziale. Ragion per cui, uno storico che si occupa, ad esempio, del Medioevo è scarsamente interessato al Periodo Moderno e viceversa. Da anni scriviamo che questo atteggiamento confligge con la tradizione latina, dove per secoli si è incentivata una formazione totale, universale dell’erudito. Si sa purtroppo che il canone è ormai quello americano, il quale decreta cosa sia giusto in ogni ambito della vita, dalla ricerca, per arrivare fino alla gastronomia. In virtù di ciò, può un grande scrittore occuparsi anche di sport? Non sia mai, sarebbe poco “serio”. Ecco invece una notizia che va a sconfessare il precetto della specializzazione tanto in voga nelle cattedre di mezzo mondo.

Usciti da un lungo oblio e sinora mai pubblicati, riappaiono in una mostra tenutasi a marzo presso il Mishima Yukio Literary Museum di Yamanakako i “Taccuini Olimpici” di Mishima: il grande scrittore nipponico seguì infatti come reporter le Olimpiadi di Tōkyō del 1964. In essi scopriamo un Mishima inedito, ammirato verso gli atleti e la tensione muscolare dei loro sforzi. Tale aspetto è comunque coerente con la seconda e ultima fase della sua vita, quella del cosiddetto “Fiume dell’Azione”, dove il corpo in sé diventa una opera d’arte.

Mishima perciò che si diletta a fare il giornalista sportivo per vari quotidiani (il “Mainichi”, l’“Asahi”, lo “Hochi”), seguendo, tra le varie discipline olimpiche, il sollevamento pesi e la pallavolo. Il romanziere fu rapito dal fervore sportivo che lo circondava, osservando con attenzione ogni gesto, sguardo ed emozione degli atleti: “Alzando in alto la mano (sono 15:30), stava in piedi accanto al calderone olimpico e poi sembrò sorridere”, scrisse di Yoshinori Sakai, l’ultimo tedoforo della celebre torcia, mentre si avvicinava al calderone durante la cerimonia d’apertura.

Malgrado in quel periodo Mishima fosse già ampiamente immerso nella sua fase tradizionalista e anti-moderna – il famoso racconto “Patriottismo” uscì qualche anno prima delle Olimpiadi giapponesi – non vi sono tuttavia nei suoi dettagliati reportage sportivi eccessi di sciovinismo o nazionalismo. A dimostrazione del fatto che per lui lo sforzo e l’azione non erano soggetti a barriere culturali di alcun genere. Pochi sanno poi che nella sua formazione giovanile, durante un viaggio in Europa, egli rimase incantato dai marmi delle statue classiche, probabilmente anche di atleti, che risplendevano sotto il Sole dell’Ellade. Certo, quella fase della sua carriera era caratterizzata da una riflessione sulla propria sessualità assolutamente non vitale e impetuosa come fu, al contrario, nei suoi ultimi dieci anni di vita. Ciononostante, il corpo per Mishima è sempre stato quasi una ossessione, talvolta negativa, più spesso invece lo spunto di un entusiasmo irrefrenabile.

58 pagine fitte di appunti e considerazioni, con un linguaggio assai lontano da quello complesso e sofisticato che contraddistingue lo stile di questo grandissimo autore. Mishima giornalista sportivo dunque. Una stonatura? Certamente no, poiché il suo amore per lo sport e, più in generale, per l’attività fisica è parte integrante del suo Pensiero.

Scrivere di un solo argomento è decisamente vincolante, nonché denota palesi limiti di formazione, impedendo quei necessari riferimenti e rimandi ad altri temi che sono poi essenziali per una riflessione profonda, che possa portare un contributo non solo per se stessi e la propria carriera. Il doppiopesismo della intellighenzia ufficiale però fa sovente delle “eccezioni”: spesso vediamo in televisione esponenti del mondo radical che discettano, per esempio, di Medio Oriente, mdivertendosi nel ruolo di giornalista, algrado non ne sappiano nulla; l’importante è essere parte di un certo sistema, allora tutto è permesso. Il professor Eco poi può parlare di quel che lo aggrada, persino ridicolizzare il genere fantasy, che egli considera lo sfogo infantile di alcuni poveri appassionati di “maghi e spade”. Lui e i suoi tanti epigoni hanno dimenticato o, ancor peggio, non sanno che nessuno possiede la conoscenza completa di un particolare argomento. Per questo motivo, poter fare dei collegamenti aiuta a colmare le naturali lacune dell’umano ingegno. Purtroppo, ormai bisogna solo essere degli “specialisti”, altrimenti si rischia di venire tacciati di tuttologia. Se però si è parte di alcune ben note conventicole, si è liberi di dire quel che si vuole senza alcun problema.

I “Taccuini Olimpici” di Yukio Mishima ci dimostrano anche una altra cosa. Vale a dire, che persino uno dei maggiori scrittori del Novecento ha sentito la necessità di confrontarsi con la vita vera, divertendosi nel ruolo di giornalista, perché chi è Grande non si sminuisce mai, anzi porta la propria arte persino nel “mestiere”. Chi, al contrario, vede nella cultura e nella ricerca per l’appunto un lavoro, esclusivamente allo scopo di guadagnare e avere potere, Grande non lo sarà mai, malgrado possa ricevere tanti allori e riconoscimenti.

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Riccardo Rosati

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