Scenari. PiazzaDellaLoggia: la sentenza, le troppe ombre e il colore (forzato) della strage

Brescia Oggi, la prima del tempo
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Ho letto con vivo sconcerto e un certo senso di scoramento l’articolo con cui Piero Colaprico ha commentato su “Repubblica” la sentenza della Seconda Corte d’Assise d’Appello di Milano che ha condannato all’ergastolo l’ottantunenne Carlo Maria Maggi e tale Maurizio Tramonte, quali unici colpevoli della strage di Piazza della Loggia, a Brescia, il 28 maggio 1974.

Per Colaprico si tratta di una sentenza “storica”, che finalmente inchioda le “mani nere” responsabili delle stragi e che per “analogia” dovrebbe fugare ogni dubbio anche sulla matrice politica di quella di Piazza Fontana, pur in assenza di analoga sentenza in proposito e via concionando, come se si fosse in presenza di chissà quale abbacinante rivelazione.

Ovviamente è impossibile ripercorrere qui i tratti salienti di una inchiesta che si trascina da oltre 40 anni fra colpi bassi fra magistrati (ricordate il tentativo totalmente infondato di coinvolgere nell’inchiesta il figlio del giudice Arcai? Uno dei pochissimi magistrati non di sinistra dell’epoca…), continui cambi di bersaglio, strategie investigative ondivaghe e via dicendo.

Un paio di cose però, non si può non sottolinearle.

Partiamo dal coimputato di Maggi, il Carneade Tramonte.

Basta scavare un minimo nella rassegna stampa dell’inchiesta (e Colaprico stesso in parte lo ammette) per scoprire che non si tratta affatto di un “neofascista”, ma bensì – e da tempi non sospetti – di un informatore e di un agente provocatore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, che nel 1974 era ancora guidato dal discusso Federico Umberto D’Amato, ex agente dell’OSS americano già durante gli anni delle seconda Guerra Mondiale, poi Sovrintendente alla Segreteria Speciale Patto Atlantico e da sempre uomo di collegamento dell’Italia con la NATO e con il governo statunitense.

Il quale di Piazza della Loggia poteva non sapere nulla, se davvero il suo agente Tramonte è direttamente coinvolto? Ridicolo anche solo a pensarsi. E dunque fin qui, a volere seguire le conclusioni cui è giunta la Corte presieduta dal giudice Anna Conforti, il “neofascismo” non c’entra nulla; c’entrano se mai strutture dello Stato Italiano a guida democristiana e un uomo da 30 anni al servizio degli USA.

Ora concentriamoci su Carlo Maria Maggi, l’unico collegamento con il “neofascismo” e in particolare con il Movimento Politico Ordine Nuovo, considerando che l’altro grande bersaglio di Salvini – Dello Zorzi – è uscito assolto anche da questa inchiesta, come già da quella per Piazza Fontana.

Come anche Colaprico non può fare a meno di sottolineare, le grandi novità che il giudice Salvini introdusse nell’inchiesta, sono in realtà principalmente le “rivelazioni” di due pentiti: Carlo Digilio e Maurizio Siciliano.

Lasciamo perdere quest’ultimo che per le incongruenze e le contraddizioni di quanto dichiarato non è stato preso sul serio neanche dalla magistratura giudicante (nonostante un arzigogolato e risibile tentativo dei PM di dimostrare – senza alcun successo – un tentativo di corruzione nei suoi confronti da parte di Delfo Zorzi) e concentriamoci su Digilio.

Di chi stiamo parlando?

Delle due l’una: o di un millantatore con molta fantasia (e allora non si capisce perché dovrebbe diventare magicamente attendibile solo per la parte che riguarda il coinvolgimento di Ordine Nuovo nelle stragi) oppure – sono sue precise dichiarazioni – di un agente infiltrato, al servizio della NATO con il nome in codice “Erodoto”, fino dal 1967 e poi della CIA; un agente talmente importante che quando negli anni ’80 si trasferisce a Santo Domingo, la CIA lo utilizza per arruolare esuli cubani da utilizzare contro il regime di Fidel Castro. Stiamo parlando dunque di un Tramonte con un po’ più di spessore: un agente al servizio degli americani e in subordine, si presume, dei Servizi italiani. Quindi uno che ha tutto l’interesse a gettare responsabilità sugli ambienti neofascisti, per depistare gli inquirenti dal fatto che invece – probabilmente – siamo davanti all’ennesimo episodio di una guerra segreta combattuta sul suolo italiano da potenze straniere e dai rispettivi sodali in seno alla prima repubblica, che siedono in tutt’altre stanze rispetto a quanto si vuole farci credere.

O – come fa Colaprico – vogliamo dimenticarci che fra gli inquisiti – assolti certo, non si discute – ci sono un ex generale dei Carabinieri (Delfino) e uno stretto collaboratore dell’allora Ministro degli Interni democristiano, l’ex partigiano Paolo Emilio Taviani ( sto parlando di Giovanni Maifredi)?

Io a differenza di Colaprico non ho certezze “storiche” e diffido molto dell’idea che comunque possano essere proclamate a colpi di sentenze (Tortora docet) basate sui pentiti invece che su prove inoppugnabili.

Comunque si tratta di argomenti così delicati e controversi che meriterebbero un giornalismo più sobrio. Lo spirito della “curva” non aiuta la verità.

@barbadilloit

Alex Voglino

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