Il caso (di G.deTurris). Che fine ha fatto la Venere di Cirene regalata dal Cav a Gheddafi?

Le Venere di Cirene
Le Venere di Cirene

Quando scrissi sul rientro della salma di Vittorio Emanuele III in Italia, chiedendo all’ex ministro della Difesa La Russa chi fossero i “pavidi” del governo di centrodestra di cui faceva parte che si opposero alla sua proposta (naturalmente una risposta non c’è stata, e me ne dispiace molto), citai fra le altre idiozie   addebitabili al governo Berlusconi anche il caso della Venere di Cirene. 

Ora leggo su Il Giornale del 6 agosto una corrispondenza dalla Libia di Gian Micalessin sulla scomparsa della statua che si trova in una zona dove operano gli jihadisti dell’Isis, e mi sale il sangue agli occhi. Questo è uno dei peggiori crimini culturali del centrodestra (soprattutto in quanto tale) insieme – lo ricordo ancora – alla chiusura dell’Isiao in quanto “ente inutile” e alla faccenda della stele di Axum. Decisioni ignobili e incancellabili. Per ingraziarsi ad abundantiam Gheddafi Berlusconi, su suggerimento chissà di chi, volle consegnargli nel 2008 anche la Venere con il demenziale assenso della Sovrintendenza: secondo il responsabile(purtroppo non mi ricordo il nome) la statua doveva essere ricollocata nel suo contesto storico (e ci si potrebbe chiedere perché la giustificazione non possa valere per tutti gli altri  reperti antichi conservati nei nostri musei archeologici).

Non c’era il minimo motivo per regalarla al dittatore libico che neppure la voleva. Era stata trovata dagli archeologi italiani nel 1913 dopo la guerra italo-turca, quando la Libia non si chiamava neppure complessivamente così, e non era lo Stato che ne seguì. Era un prodotto della cultura ellenistica con la quale Gheddafi non aveva nulla a che fare, lui beduino. Non ce l’aveva chiesta indietro. Disse: che me ne faccio di una statua senza braccia? io voglio che mi costruiate una autostrada costiera come risarcimento dei “danni di guerra”. Non gli bastava la Balbia… Né gli bastavano tutte le opere pubbliche costruite dai “colonialisti italiani” in loco: dai villaggi  non solo per gli italiani ma anche per gli autoctoni, le moschee e addirittura le scuole coraniche, l’edilizia delle gradi città vanto della nostra architettura d’oltremare (varie esposizioni lo dimostrano), addirittura l’Arco dei Fileni con le loro statue poi abbattute senza sapere il nostro fu colonnello che si trattava di due eroi locali in quanto cartaginesi, dei  vasti rimboschimenti che riuscirono a far calare la temperatura nelle zone dove furono piantumati.

Il risultato è  questo che leggiamo adesso. Bisogna pur dire le cose come stanno e di chi è la responsabilità, anche con parole dure, altrimenti si continueranno a fare errori demagogici mascherati di altra strategia internazionale di questo genere… E fare un’alzata di spalle in nome del “benaltrismo”, ma non esistono  cose più importanti dei residui della nostra dignità, anche se ci sono politici che pensano solo a profitti concreti e immediati per i quali si può anche passar sopra a certi valori oggi passati di oda, almeno in questo disgraziato Paese. I risultati concreti, gli affari, si possono raggiungere anche senza siili auto-umiliazioni. I caso dei marò è un ultimo esempio che certi atteggiamenti non pagano.

 Tutto già scritto inutilmente a suo tempo.

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Gianfranco de Turris

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