BarbaVisio. Un maiale parlante nello spazio: Dick e il messaggio universale del wub

dickUn maiale universalista e cattolico divorato dalla truppa di una navicella spaziale. ‘E ora tocca al wub’ è il racconto che segna l’esordio di Philip Dick. E’ il 1952, lui ha 24 anni e pur di pubblicare accetta anche la proposta di ‘Planet Stories’, rivista che tre anni più tardi chiuderà i battenti ma che nel frattempo, tra copertine sgargianti e donne mezze nude ostaggio di alieni, ospita le prestigiose firme di Leigh Brackett e Ray Bradbury. E’ quello il primo tratto visionario di uno scrittore sì di fantascienza ma allo stesso tempo immerso in un mondo creato dalla propria mente. La storia ha in sé molti dei tratti che poi caratterizzeranno lo stile di Dick: ambientazione post-apocalittica, due mondi separati, due visioni della vita poste a contrasto e un rimando alla religione.

Una navicella lascia Marte per tornare sulla Terra: Petersen porta a bordo un wub, un maiale di 300 chili comprato per pochi spicci. Quando è tutto pronto per macellarlo e cucinarlo, il wub inizia a parlare. E a dirsi meravigliato del fatto che lo vogliano uccidere.

“Piante, vegetali, possiamo mangiare quasi ogni cosa. Siamo molto cattolici. Tolleranti, eclettici, cattolici. Viviamo e lasciamo vivere. Ecco come siamo andati avanti”.

Di più. Il wub si professa cattolico. E inizia a parlare di Ulisse proprio con Petersen. Ma all’improvviso poi il capitano gli spara e lo fa cucinare.

Nel finale il forte messaggio visionario: mentre mangiano il capitano fa a Petersen: “Come le dicevo prima, Ulisse…”. Il wub si è collegato telepaticamente al capitano. Ora è il capitano. O meglio. Il suo messaggio di pace e fratellanza è trasmigrato in un altro corpo. Un messaggio, un’idea che non muore nonostante la devastazione esterna. Viaggia di corpo in corpo. Di mente in mente. E non conta l’aspetto. Il maiale o il capitano: conta il messaggio.

Philip Dick è al settimo posto nella classifica di Visio sugli scrittori più visionari di sempre, dopo l’analisi di Occhio nel cielo.

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Massimo Colonna

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