Chiesa. Papa Francesco accelera sulla nullità matrimoniale e mette d’accordo tutti

unità papaQualificare come «rivoluzionaria» la decisione di Papa Francesco di snellire e deprezzare l’iter canonico di nullità matrimoniale, affascina, aiuta a compilare titoli di prima pagina, ma non chiarisce la questione. Non siamo innanzi a uno strumento che apre larvatamente  ad alcun «divorzio breve» nel campo ecclesiale. C’è poco da temere in tal senso. Il vescovo di Roma non ha inaugurato, neanche, alcun rivolgimento in materia di dottrina. Siamo semmai nel campo del diritto, in una sfera del tutto umana. Con ciò non significa affatto che l’iniziativa del Santo Padre sia da trascurare. Anzi. Tuttavia è opportuno mettere ordine alla questione. Appunto perché il fatto in sé è importante, forte e – per molti aspetti – dirompente. Ma sarebbe tuttavia sbagliato qualificarlo come un gesto avventato o di mera propaganda. Sono, infatti, già storiche le uscite dei due predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sulla necessità di rivedere una formula processuale risultata spesso leziosa, esclusivista e a tutto vantaggio di quei pochi capaci di investire cifre ampie pur di dimostrare l’inesistenza di un sacramento che Gesù Cristo ha voluto inscindibile.

C’è poi il recente Sinodo straordinario dei vescovi sui temi della famiglia e ce ne sarà un altro che si riunirà in autunno sempre sullo stesso argomento che dovrà decidere cum et sub Petro sulla vicenda controversa della comunione per quei divorziati-risposati che ne fanno richiesta esplicita. Questione scivolosa, che nell’ultimo anno ha accesso un’aspra polemica dentro e fuori le mura leonine tra progressisti e conservatori. O meglio, tra chi ritiene che l’azione pastorale preceda la chiarezza dottrinale e non viceversa. Per semplificare, si tratta della disputa tra Walter Kasper e Gerard Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Due panzer-cardinal della Chiesa universale. Oltre la dialettica tra le parti, va segnalato come l’ipotesi di rivedere i due codici di diritto canonico, quello romano e quello orientale, era già ascritta agli atti dell’assise dello scorso anno e con un’ampia maggioranza.

Insomma, Papa Francesco sceglie la via del percorso condiviso, nonostante più volte abbia lasciato intendere più o meno esplicitamente di simpatizzare per un profilo di più altro respiro pastorale. E per una volta, mette da parte il carattere decisionista che finora lo ha contraddistinto. L’intento è di evitare uno strappo su di un fronte, quello della morale, dove la Chiesa non ha mai avuto la necessità, nell’arco della sua storia bimillenaria, di fissare alcun dogma. Quella sganciata da Bergoglio – come evidenzia Andrea Tornielli su Vatican Insider – è dunque «una bomba d’acqua destinata probabilmente a spegnere molte micce già accese in vista del prossimo Sinodo sulla famiglia». «La mossa di Francesco – scrive ancora il vaticanista – viene incontro alle attese di tanti fedeli».

La riforma entrerà in vigore l’8 dicembre, ricorrenza dell’Immacolata e soprattutto data di apertura del Giubileo straordinario sulla Misericordia. Ed è la misericordia, appunto, a essere il motore dell’iniziativa che ha portato il Papa a promulgare il motu proprio pubblicato ieri. Stavolta, gli equilibri “politici” all’interno del collegio episcopale hanno sì un peso ma assai relativo. Bergoglio l’ha evidenziato senza cedimenti: il faro da seguire nelle scelte importanti della cattolicità è unicamente la «salus animarum», antica e suprema legge della Chiesa.

In fondo, sono tanti – forse troppi – i casi di cristiani, soprattutto tra i ceti più bassi della popolazione mondiale, ad aver contratto matrimoni nulli sotto il profilo della fede. Per loro il fallimento coniugale è spesso una vera propria scomunica, dettata più che altro da motivi economici e dal percepire in maniera assai distante e dubbia la funzione della Sacra Rota, tribunale non sempre inteso come a servizio di chi vuole costruire un cammino autentico di riconciliazione con Dio e il suo popolo.

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Fernando Massimo Adonia

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