La parabola di Ignazio Marino ha un corollario noioso e puntuale, quello – banale quasi quanto la scomparsa delle mezze stagioni – della fallacità di ogni teoria di supposta superiorità morale della sinistra. Ma il caso di Roma dimostra che il male non sono i grigi post-comunisti quelli che, come Silvio Orlando in tantissime commedie a forza impegnate nei primi anni ’90, si affannavano a spiegare al cognato scafato che Berlusconi non poteva essere il Messia ma solo l’epifania di ogni male. Ignazio Marino, con quel Silvio Orlando, non ha nulla a che spartire. Lui incarnava la superiorità morale 2.0, che si è arenata – miseramente – su una montagnola di scontrini. La colpa, però, non può essere sua e, come un berluscones qualsiasi sbraita contro magistrati e comunisti, lui invoca il complottone ai suoi danni.
Marino è l’alfiere della protestantizzazione della sinistra. Seguendo lo spirito dei tempi, accanendosi sulla forma e tralasciando la sostanza, si è passati dall’Urss agli Stati Uniti, dalla dittatura del proletariato a quella dei buoni sentimenti, da Karl Marx all’Huffington Post. Dalla lotta di classe a quella di genere, dalle preoccupazioni del Lumpenproletariat ai pruriti borghesissimi radical-chic. Della mutazione genetica della sinistra (e dei suoi effetti) abbiamo già parlato, in occasione della scomparsa di Pietro Ingrao. La parabola del sindaco Marziano, come testimoniano anche gli attestati di stima in suo favore che girano tra i social, ne rappresenta la definitiva prova provata: se il popolo non vuole più la sua guida, allora il popolo è una fogna, geneticamente camorrista, capace di provare orgasmi solo nel lasciarsi calpestare dall’incubo degli stivaloni littori che marciano al passo dell’oca mentre colate di cemento avvolgono le cicorie.
A lasciare l’incarico romano è l’uomo senza qualità che della sua mediocrità voleva far bandiera. E che corto circuito è il pensare che proprio un uomo del Pd voleva incarnare ciò che i grillini sognano: la sbandierata onestà autosufficiente a far girare il mondo. Di buone intenzioni è lastricata la via dell’Inferno, dicono e sarà forse per questo che la mitologia norrena pone a guardia degli Inferi la regina Hel, nè bella nè brutta, nè buona nè cattiva, amorfa. Non basta essere animati dalle migliori intenzioni del mondo per trovar assoluzione politica, perchè proprio tutti lo erano dal Mahatma Gandhi fino alla pitonessa Daniela Santanchè. Marino lo capirà quando avrà smaltito la delusione.