Cultura. Peter Kolosimo, il comunista inventore della Fanta-archeologia, in gioventù fascista

Peter Kolosimo
Peter Kolosimo

Capita alle volte che alcuni mentori possano rivelarci notizie che vanno a ridimensionare, talora persino a screditare, delle figure che fino a quel momento ritenevamo degne di stima. In un bel pomeriggio estivo capitolino, il nostro barbuto e occhialuto saggio (del resto un mentore altro aspetto non può certo avere) ci consegna degli sconcertanti articoli di Peter Kolosimo, apparsi nel 1942.

Lo diciamo chiaramente, questo nostro scritto un po’ di dispiacere ce lo ha causato; da anni infatti ci rimproveriamo di non aver dedicato abbastanza tempo allo studio di questo particolarissimo intellettuale, malgrado il suo essere stato un comunista al limite dell’eccesso. In nome del contributo dato da Kolosimo alla cultura, glielo avevamo “perdonato”. Invece, non avremmo dovuto! Egli è stato e rimane per noi una mente stimolante, ma dal passato politico davvero contraddittorio. In poche parole, altro che paladino del socialismo reale come molti credono e scrivono da anni, Peter Kolosimo è stato un fascista, con non poche simpatie addirittura per il nazismo. Le chiacchiere non serviranno per smentire questa nostra affermazione: carta canta, anzi potremmo dire urla.

Chi era Kolosimo

Modenese multietnico, il padre era generale dei carabinieri originario della Calabria, mentre la madre era statunitense; Peter Kolosimo (al secolo Pier Domenico Colosimo, 1922 – 1984) è stato un uomo dal poliedrico e bizzarro ingegno. Vive a lungo a Bolzano, il che gli permette di padroneggiare indifferentemente l’italiano e il tedesco, per poi laurearsi in filologia germanica moderna presso l’Università di Lipsia. Durante la seconda guerra mondiale, come altoatesino, opta –  facciamo bene attenzione a questo dato, egli scelse di combattere per la Germania – per l’arruolamento come carrista nella Wehrmacht, ma alla fine diserta, diventando partigiano in Boemia fra Plzeň e Pisek. Termina qui la prima parte “ufficiale” su Kolosimo.

Fondatore dell’“Archeologia Misteriosa”, che noi preferiamo chiamare fanta-archeologia, Kolosimo studiò per gran parte della vita le origini delle antiche civiltà, pubblicando libri che non di rado furono dei bestseller: “Non è terrestre” (1968) e “Astronavi sulla preistoria” (1972).   Dotato di ottima scrittura, egli seppe raccontare la storia meglio di tanti parrucconi cattedratici, e magari un giorno i suoi libri potessero entrare nelle nostre scuole; siamo certi che leggendoli numerosi giovani sarebbero presi dall’impeto di diventare archeologi, filologi, storici e, soprattutto, scrittori. Fine della seconda e ultima parte del “Kolosimo conosciuto”, ovvero ciò che di lui si sa, si scrive e si dice.

Recentemente la figura di Kolosimo è stata esaltata a sinistra, cancellando il passato scomodo, come è stato per coloro che si sono redenti e hanno sposato la causa progressista: Bocca, Fo e, in modo minore, persino Guttuso e Pasolini… Tutti sono stati mondati dai trascorsi legati al fascismo. Ci dispiace per il nostro caro Kolosimo, ma questo favore non glielo vogliamo proprio fare e intendiamo raccontare quel suo passato che si vuole dimenticare.

Se è vero che Kolosimo, intervistato da Playboy nel novembre 1974 alla domanda “Cos’è la tua più grande paura?”, rispose “Il fascismo”, nel 1942 aveva idee molto differenti. Al tempo, infatti, scrisse alcuni articoli per “Testa di Ponte” (TdP): periodico del Gruppo Universitario Fascista (GUF) di Rimini, uscito tra il 1940 e 1943, nel quale figurava tra i contributori anche Sergio Zavoli. Il futuro fanta-archeologo non collaborerà alla testata del Regime come un redattore qualsiasi, bensì egli firmerà pezzi arditissimi, mostrandosi come un giovane intellettuale con idee assolutamente chiare e schierate; persino più di tanti studiosi poi messi all’indice nel Dopoguerra, tra tutti Julius Evola. Difatti, come avremo modo di leggere, le posizioni di Kolosimo, in materia di razza, vanno ben oltre quelle del filosofo romano. Sia come sia, lo scrittore comunista per eccellenza, viene così presentato su TdP: “camerata Colosimo” (ancora non aveva il vezzo di utilizzare la “K” per il suo cognome), dove pubblicherà non solo articoli, ma pure delle poesie guerriere. Nessuno nega la “conversione” dello scrittore, ma questa andrebbe inquadrata, per onestà intellettuale, in tutto il suo percorso politico, senza le omissioni sostenute dallo stesso Kolosimo: “L’educazione politica me la son fatta in gran parte in Jugoslavia, quando la Jugoslavia era ancora comunista, ho fatto scuola di partito per due anni […] Sono simpatizzante di Lotta Continua, perché penso che anche la sinistra debba avere le sue punte avanzate, voto ovviamente PCI (1974, cit.)”.

“Sì è un mito meravigliosamente reale, quello del nostro sangue, della nostra razza, il nostro Mito”. Chi lo ha scritto? Heidegger o forse Evola? No, Peter Kolosimo su TdP, nel gennaio 1942, in un articolo dal titolo “Il Mito della Razza”. In quegli anni, egli arrivò, come del resto fece proprio Evola, a individuare le due principali forze dell’Arianesimo: il Germanismo e la Romanità. La corruzione della gens fu per Kolosimo la causa del crollo del mondo romano.  A febbraio esce un altro suo articolo: “Nikudan, il proiettile umano”. In esso, Kolosimo riprende ancora una volta, sebbene non certo con la stessa qualità, idee di matrice evoliana, nella fattispecie, l’esaltazione quasi mistica dei kamikaze nipponici: “[…], dell’uomo che si deifica, che  trascende dalla terra verso le sfere più eccelse della gloria […]”. Sia ben chiaro, e lo diciamo anche in qualità di yamatologi, se c’è un Paese che la sinistra mondiale ha sempre guardato con un certo astio questo è proprio il Giappone e, specialmente, per quanto concerne il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Purtuttavia, sulla nippofilia giovanile del nostro autore si tace puntualmente.

Arriviamo a marzo, con lo scritto sulla fratellanza ario-romana, pomposamente intitolato: “La fratellanza più vera”. Se sinora nutrivamo  ancora qualche ragionevole titubanza nell’inquadrare l’ideologia dell’intellettuale italiano al tempo, le incertezze qui svaniscono, schiarite dalle sue perentorie parole, le quali esaltano quel: “[…] blocco formidabile di forze costituente il nucleo principale della nuova Europa che va formandosi sulle basi indistruttibili della giustizia e del lavoro”. Per non parlare di: “Francia bastarda”; il sentimento irredentista antifrancese era un cliché del fascismo, così diverso dalla adorazione per la Terra d’Oltralpe, svilendo immancabilmente l’Italia, che è un dogma per la sinistra nostrana. Nell’articolo figura anche un: “polizia venduta agli ebrei”, che lascia ben pochi dubbi sulle sue idee razziali.

Concludiamo con il suo contributo di aprile, il cui titolo è tutto un programma: “Noi e Giuda”, con invettive contro gli ebrei (“È ora che si sappia cosa sono gli ebrei, lebbra del mondo […] negazione di ogni spiritualità”).

Se allora ci deve essere una “riscoperta” di Kolosimo deve avvenire tenendo conto anche del percorso fascistissimo sui giornali del Regime. Vero, ha fatto la Resistenza, si è sicuramente convertito, abiurando gli articoli per TdP, adducendo probabilmente a un “errore di gioventù” e nessuno gli ha detto più nulla. Però gli si deve ricordare questa parte della sua vita che ha sempre nascosto; differentemente da un Indro Montanelli. Tutto qui, Peter K(C)olosimo resta per noi un autore da tenere in alta considerazione, da studiare e da consigliare specialmente agli adolescenti. Sullo scrittore ben nulla abbiamo perciò da dire, anzi. Non lo stesso possiamo pensare dell’intellettuale. Per simpatia non andiamo oltre, ma un uomo colto, e lui lo era, che si comporta così è solo fonte di delusione. Magari la sua coscienza si sarà smarrita tra quelle stelle che egli ha tanto amato raccontare. Ci illudiamo di questo, meglio così.

@barbadilloit

Riccardo Rosati

Riccardo Rosati su Barbadillo.it

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