Cultura (di G.deTurris). “Neogotico tricolore”, la ricchezza di una narrativa troppo popolare

49399_02 Zampini Porte Inferno HRPer chi ama il fantastico e i gatti (ad esempio il sottoscritto) non può che far piacere lo svolgimento, il 5 e 6 novembre scorsi al Castello Rosso di Costigliole Saluzzo, di un convegno dedicato al “Neogotico Tricolore”, il cui direttore artistico è Enzo Biffi Gentili del MIAO… Che però significa soltanto  Museo Internazionale Arti Applicate Oggi, ma a me va ne bene lo stesso… Biffi Gentili ne dirige il Seminario Superiore ed è colui che sta in pratica concretizzando il progetto triennale “il cuNeo gotico” promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. Così nel 2014 è stata organizzata la mostra “Le camere oscure” con relativo splendido catalogo imperniata sulla fotografia, nel 2016 ci sarà “Il Neomedioevo” imperniato sull’arte e l’artigianato, mentre  quest’anno è stata la volta della letteratura con cui si realizza un’antica idea di Giorgio Barberi Squarotti dell’Università di Torino, critico e poeta, che fa parte del comitato scientifico della manifestazione.

La narrativa gotica

La narrativa gotica o nera, e in senso lato la narrativa fantastica e dell’orrore, è quasi da sempre stata considerata una letteratura di serie B o peggio, troppo popolare per interessare sul serio i critici togati e gli accademici grazie anche all’influenza che hanno esercitato le poetiche di De Sanctis e Croce. Il rifiuto del “realismo” con le evasioni nel sovrannaturale, nel fantasioso e  tenebroso, in sostanza nell’irreale e irrazionale, hanno messo quasi sempre in sospetto i nostri critici e docenti, a causa soprattutto della convinzione secondo cui a ispirazioni del genere non potessero corrispondere a priori testi di qualità: roba troppo popolare, troppo per lettori di bocca buona,  troppo epidermica e senza spessore. In parte può essere vero, in parte no. Il cosiddetto mainstream, come possiamo toccare con mano, non è che sia messo meglio,specie quello contemporaneo. Non perché tale è a priori migliore.

Il fatto che l’Italia negli ultimi due secoli non possa annoverare una vera e propria “tradizione fantastica” come c’è nei Paesi anglosassoni, Germania e Francia, è stata  un impedimento per identificare, studiare e valorizzare i nostri autori che se ne sono occupati, ma, come spesso ho scritto, se non c’è una vera e propria “tradizione”, c’è sempre stata però una vena sotterranea, una tentazione fantastica che ha affascinato nell’Ottocento e nel Novecento moltissimi importanti autori della nostra letteratura come ormai da almeno trent’anni dimostrano le antologie curate in ambito accademico da Enzo Ghietti, Monica Farnetti e Leonardo Lattarulo, e poi (a parte il sottoscritto) da Riccardo Reim, Claudio Gallo e Fabrizio Foni. Non c’è quasi “grande nome” che non sia stato attratto e cimentato in storie fantastiche, dell’orrore e addirittura anticipatrici della fantascienza (si pensi al solo Luigi Capuana,) per “realista” e “verista” che fosse.

Ma non basta: non sono infatti scrittori a questo livello che diffondono e impongono un “genere” e creano un “gusto”. Molto tempo fa scrissi che questa era una terra incognita, sconosciuta, là dove gli antichi scrivevano sulle carte geografiche hic sunt leone… Bisognava soltanto avere il coraggio (critico) di andarle ad esplorare, ed esplorandole avere la sorpresa di trovare  meraviglie inaspettate: mi è sempre venuto in mente Erodoto con le sue Storie “vere” ma straordinarie di popoli e paesi, si parva licet… E questi territori si trovavano soprattutto nell’ambito della tanto disprezzata letteratura popolare dell’Otto e Novecento: feuilletons, romanzi d’appendice, romanzi illustrati, riviste geografiche, fascicoli da edicola, storie seriali complete con un protagonista fisso, supplementi domenicali dei quotidiani, tutti media come si direbbe oggi appunto “popolari”. Certo, opere non adatte a palati fini e sussiegosi, ma più spesso di quanto non si creda con una loro dignità anche letteraria e di grande, grandissima inventiva, non solo e sempre derivate o influenzate dalla narrativa straniera tradotta o meno, anzi spesso di grande originalità, come provano le  antologie e le ristampe di racconti e romanzi d’epoca.

In parole povere, non c’è stata solo la arci-citata Scapigliatura milanese (Tarchetti, Boito, Faldela ecc.) a scrivere storie sovrannaturali, macabre, fantastiche, gotiche insomma, ma tantissimi altri autori minimi e ormai dimenticati (Egisto Riggero, Armando Silvestri, Giustino L.Ferri,  Anton Ertore Zuliani, Secondo Lorenzini, Onorato Fava, Mario Contarini,  Mario Panizza, Italo Toscani, Vittorio Martella) che hanno contribuito nell’arco di un secolo e mezzo, nonostante le ironie e gli anatemi di don Benedetto a formare in modo sotterraneo, carsico più esattamente, un gusto di base, si potrebbe dire, a preparare il pubblico che fa il successo di un’opera e di un genere, a quel che sarebbe venuto dopo, sino ai nostri giorni (compresi i fumetti, se vogliamo).

Letteratura bassa, media e alta si sono intrecciate e non è il caso di disprezzarle per l’argomento trattato, ma di studiarle. Sicché non può che essere positivo il fatto che quello che si è  svolto al Castello Rosso (un nome quasi alla Poe) è finalmente il primo convegno “accademico” su questo tema che esamina complessivamente il fenomeno in maniera coordinata, inserito in un progetto nell’arco di tre anni. E che sia stato subito disponibile un volume di atti, allo stesso tempo catalogo delle mostre dedicate a Poe e all’Inferno di Dante, è un fatto più unico che raro dovuto all’entusiasmo e alla pervicacia di Enzo Biffi Gentili. Non ho mai saputo che in tutto il mondi sia uscito un volume con gli atti di un convegno prima dello svolgimento del convegno stesso, quando in genere ci sono necessari come minimo due anni o più. Un miracolo italiano dopo l’Expo! Chi in un lungo arco di tempo si è battuto per far conoscere l’esistenza di un fantastico italiano a partire dall’Ottocento e di promuoverlo sostenendo che l’Italia non era poi moto da meno di altri Paesi, non può che essergliene grato.

Al Castello Rosso si è parlerà così di molti argomenti: Leopardi e Manzoni (la descrizione della peste a Milano è un capolavoro gotico e tale I promessi sposi viene considerato da molti critici americani), gli scapigliati, il neogotico in Sicilia e Piemonte, la narrativa fantastica negli anni Trenta e quella contemporanea, il gotico popolare compresi i fumetti e la figura del vampiro, vera icona gotica.  Come si vede ce n’è per tutti i gusti alti e bassi, anche se molto altro si potrebbe dire. Speriamo che gettato questo pietrone nello stagno accademico, si possa andare avanti con altre iniziative magari anche editoriali, pur se l’editoria non se la passa molto bene, ma il libro-catalogo, dall’inquietante colore  nero/rosso che ha aperto la via potrebbe essere un buon viatico.

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Gianfranco de Turris

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