Economia. La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato? Si fa cassa penalizzando i pendolari

I treni italiani su un binario morto
I treni italiani su un binario morto

Ferrovie dello Stato verso la privatizzazione? Un’ipotesi che, sul momento, può solo provocare l’entusiasmo di tutti coloro che sono obbligati ad utilizzare i pessimi servizi di Trenitalia. Un’azienda che sembra aver scelto, in nome di un antifascismo patetico, la strada ferrata della cancellazione del passato. Dunque se il ventennio mussoliniano si vantava dei treni in orario, le ferrovie democratiche devono garantire ritardi.

Ma, per essere ancora più “anti”, non bastano i ritardi: occorre anche che i passeggeri viaggino in piedi, in carrozze sovraffollate, con vagoni chiusi perché manca il personale.  Può essere sufficiente? Macché. La rete ferroviaria è stata tagliata, eliminando quelli che vengono definiti come “rami secchi” perché, sul medesimo percorso, devono viaggiare gli autobus. Inquinanti, ma non importa a nessuno. Ogni tanto, per fingere di fare un po’ di efficienza, si dilatano i tempi di percorrenza negli orari ufficiali, così i ritardi si trasformano miracolosamente in orari rispettati. Peccato che, per il medesimo percorso, si impieghi più tempo di quello necessario 80 anni fa.

Perlomeno, se andrà sul mercato il 40% della società, lo Stato farà cassa. Una tantum, ovviamente. Perché se si decide di cedere i gioielli di famiglia, si resta poi a mani vuote. D’altronde è evidente che l’operazione mira alla cassa e non all’efficienza. Perché, in caso contrario, invece di vendere quote azionarie si sarebbe scelta la strada dell’apertura del servizio ad altri operatori. Quelli che le Ferrovie di Stato aborrono e contrastano in ogni modo.

Perché l’alibi è sempre stato quello di non avere concorrenza poiché il servizio non garantiva utili. Eppure quando operatori privati hanno tentato di entrare nel mercato ferroviario italiano, per il trasporto passeggeri, si sono trovati di fronte ad ostacoli senza fine. Burocratici, di orari, di binari, di informazione. I bandi per mettere a gara i servizi sulle tratte regionali sono stati congegnati ad hoc.

Così da un lato si è fatto cassa con l’alta velocità, d’altro canto si sono sempre più penalizzati i pendolari sui collegamenti tradizionali. Il Torino-Milano della domenica viaggia sempre stracarico perché metà dei vagoni restano chiusi. E sulla Firenze Milano sono stati eliminati i collegamenti “normali”. O si paga per l’alta velocità o non si viaggia.

Dunque i nuovi eventuali investitori, con una quota massima del 40%, potranno fare solo un’operazione finanziaria, non un intervento di efficienza. Tanto provvedono poi i falsi messaggi nelle stazioni a tranquillizzare i passeggeri paganti: mentre sui tabelloni compaiono ritardi di 70 minuti, gli altoparlanti avvertono che il ritardo massimo sarà di 50 minuti. I sudditi devono pagare e devono anche farsi prendere in giro.  Per un servizio decente, invece, devono attendere.

@barbadilloit

Augusto Grandi

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