Politica. Per Becchi e Bagnai è tempo di scontri Russia-Nato e delirio della finanza

USA-RUSSIA-OBAMA-PUTIN-Compromesso-770x582Uno scontro fra la Nato sempre più provocatoria e la risorta Russia di Putin. Oppure una guerra come sistema di soluzione dei problemi finanziari di chi riuscirà a gestirla da posizioni sicure, oltre che come meccanismo di controllo delle masse sempre più diseredate. Questa è la fosca prospettiva che è stata evocata dal filosofo Paolo Becchi (autore di “Oltre l’euro”, Arianna Editrice) e dall’economista Alberto Bagnai  (autore de “L’Italia può farcela”, il Saggiatore) durante la conferenza “Sottomissione. L’Europa tra moneta unica e TTIP” organizzata dall’Intellettuale Dissidente e dal Circolo Proudhon di Roma nella serata del 4 dicembre. Una serata affollatissima – nonostante la disastrosa situazione del traffico e dei trasporti della capitale, totalmente fuori controllo fra scioperi dei mezzi, blocchi antismog e aree interdette alla circolazione – che ha fatto il “tutto esaurito” nell’aula cinquecentesca del Refettorio della chiesa di San Salvatore in Lauro, cornice dell’evento.

Il convegno, complice le scoppiettanti personalità dei due relatori, ha subito deviato dalle premesse del titolo per concentrarsi sugli aspetti geopolitici (parola aborrita da Bagnai) e culturali della condizione dell’Europa e dell’Italia presa nella morsa delle forche caudine di una moneta unica fallimentare e di un trattato di commercio internazionale che si prefigge di sottomettere la sovranità dei popoli ai capricci delle multinazionali.

Ma è la guerra futura il caveat più impressionante che ha fatto da fil rouge fra gli interventi di Becchi e Bagnai. Un conflitto all’orizzonte che – avverte il filosofo di Genova – può venire per colpa dell’aggressività della NATO nei confronti della Russia dove “Putin non sta sbagliando un colpo” e che invece Bagnai vede più possibile a est, con una Cina affatto disposta a prostrarsi ai vari trattati per il commercio internazionale (perché al TTIP euro-atlantico si affianca anche un meno noto TPP fra i paesi rivieraschi del Pacifico) e determinata a mantenere la sua sovranità.

Un conflitto che – spiega Bagnai – non è all’orizzonte solo perché qualche residuato bellico della Guerra Fredda può scatenarlo per sbaglio o cialtroneria, ma perché conviene all’alta finanza come risoluzione della crisi economica (anche perché sarebbe una perfetta foglia di fico per ricominciare a fare spesa pubblica in un mondo dominato dall’ideologia della demonizzazione della spesa pubblica). Una guerra guerreggiata che sarebbe anche il naturale sfogo della guerra strisciante condotta qui e ora dalle classi dominanti contro le classi subalterne, impoverendole, distruggendo lo stato sociale, allargando sempre più la forbice fra ricchi e poveri. Ma che si configurerebbe proprio come guerra preventiva con la quale le classi al potere riusciranno a perpetuare il loro dominio su quelle inferiori. Un panorama da “1984” di Orwell, tanto più preoccupante perché – dice Becchi – il rischio è si finisca come in Afghanistan, con un conflitto pluridecennale che nessuno ricorda com’è cominciato e che nessuno sa dire se e come finirà, del tutto fuori dalle logiche razionali della guerra “classica” clausewitziana.

Che fare, allora? La soluzione prospettata da Bagnai è minimalista e rassegnata: fare cultura, informare, diffondere la conoscenza dei meccanismi che si stanno attivando e che rischiano di triturare l’Italia nei loro ingranaggi. Anche perché la gran parte della classe politica attuale non sta capendo nulla di ciò che si sta apparecchiando. E qualcuno che glielo spieghi, di riffa o di raffa, dovrà pure uscir fuori. Magari dalla platea di un convegno.

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Emanuele Mastrangelo

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