Calcio. Rogerio Ceni lascia, addio all’ultimo avatar del mito del portiere goleador

L'ultima partita di Rogerio Ceni, vista dagli spogliatoi (foto tratta da pagina ufficiale Fb di Ceni)
L’ultima partita di Rogerio Ceni, vista dagli spogliatoi (foto tratta da pagina ufficiale Fb di Ceni)

Alcuni luoghi sportivi sono metafisici, sospesi a metà tra la narrazione e l’epica del gesto. Luogo, però, non può avere una lettura squisitamente spaziale. Luogo non può nemmeno essere una “cosa”, luogo è figura che travalica spazio e tempo per fondersi nella memoria, nel retaggio comune trasmettendosi poi, di generazione in generazione, nelle storie che i vecchi raccontano ai nipotini davanti al focolare. In questi attimi si consuma l’addio della maggiore epifania di un topos calcistico che solo il Sudamerica può capire. Si ritira Rogerio Ceni, portierone del Sao Paulo che ha segnato in carriera più di 130 gol.

Nella vecchia Europa, il portiere che segna è un accidente, colorito, epico, fantozziano pure quanto si vuole, ma sempre accidente rimane. Dal pionere spiritato Michelangelo Rampulla fino alla rete fortunosa di Asmir Begovic dello Stoke City, è tutta una storia di episodi, lampi di genio e sforzi di cuore. In Sudamerica, no.

Il portiere che segna, con regolarità, è un’esotismo da calcio sudamericano. Nel caso del guardiano della porta di San Paolo del Brasile in rete, Ceni è andato a segno 131 volte, 61 su punizione, 69 su rigore e una sola su azione. A sud dell’Equatore ci credono davvero alla leggenda urbana che, in ogni scuola calcio del vecchio continente, si sussurra come se si parlasse dell’evocazione del perfido Candyman: per battere un portiere (soprattutto dal dischetto) ci vuole solo un altro portiere.

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Rogerio Ceni è l’uomo che ha raccolto l’eredità recente di un altro grandissimo del fùtbol sudamericano. Ceni è chi ha portato allo zenit l’estro della scuola che faceva, negli anni ’90, un idolo in terra del paraguaiano Josè Luis Chilavert. Girovago degli undici metri, si fece maestro venerabile con indosso la maglia metropolitana degli argentini del Velez Sarsfield. Cinquantaquattro gol più otto con la nazionale, sessantadue in totale, 45 su punizione, 15 dal dischetto e due su azione.

In tempi di pallone da ragionieri, Ceo e amministratori delegati, Ceni è un campione di esotismo anche per un altra cosa, l’assoluta fedeltà alla Tricolor Paulista. Dopo l’apprendistato con l’oscuro Sinop, sui campi polverosi e difficili del Mato Grosso, Rogerio Ceni s’è accomodato tra i pali del Sao Paulo nel 1990 per lasciarli solo venticinque anni dopo. In mezzo, successi intercontinentali, mondiali, delusioni, vittorie e sconfitte. Il guardiano della porta di San Paolo, O Mito, O Eterno Capitao, se ne va ora in pensione. Il calcio sudamericano ha due buchi, grossi, da colmare. Una bandiera in meno, un goleador mancante ma, pure, una leggenda in più.

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Giovanni Vasso

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