Libri. ‘Non passare per il sangue’ di Eduardo Savarese tra dramma umano e memoria

Non-passare-per-il-sangueCos’è che ci distingue in quanto esseri umani? Che cos’è che a prescindere dal tempo e dallo spazio, dall’età, dal genere, dalle tradizioni, dalle abitudini, dalla cultura personale, dal carattere accomuna essere umano a essere umano? La domanda esistenziale di fronte al mistero della vita e della morte e la conservazione della memoria, la capacità, la necessità e la volontà di non dimenticare. Non passare per il sangue di Eduardo Savarese è una storia incentrata su un dramma umano (la morte in Afghanistan del soldato italiano Marcello Maffucci) e sul tema della memoria, sulla continua ricerca di significato e prosecuzione della vita dell’individuo, in una parola, sulla sua tensione verso l’immortalità.

Agar e Luca, i protagonisti di questa storia (rispettivamente la nonna greca di Marcello e il suo compagno d’armi e di vita) sono due esseri “primitivi”, colmi di quella vitalità travolgente e distruttiva che impone all’individuo di sopravvivere e affermare se stesso nonostante tutto, ma , nonostante questo, saranno chiamati dalla loro natura umana a cercare di dare un senso a quella morte che li accomuna.

Attraverso un viaggio nei luoghi della memoria fisici e metafisici, attraverso le guerre storiche combattute con le armi e quelle, altrettanto strazianti, combattute negli individui e tra gli individui (anche e soprattutto legati da vincoli familiari), Agar e Luca compiono un cammino di ricerca della verità su se stessi e sull’oggetto assente del loro amore, Macello. In questo cammino impareranno a capirsi reciprocamente e ad accettarsi e impareranno, come dice lo stesso autore, che “la fecondità delle relazioni non si esaurisce nei legami di sangue”, non passa appunto solo per il sangue, ma che “la ricerca di questa fecondità attiene sempre, profondamente, alla realizzazione di ciò che siamo e di ciò che siamo chiamati ad essere”. Alla fine  di questa storia di amore e morte riusciranno in qualche modo a dare un senso al dolore, a perdonare se stessi e gli altri, a seppellire i morti, lasciandoli andare al loro destino, per continuare a vivere.

Il racconto, seppur dotato di una struttura piuttosto complessa, è narrato in modo semplice ed essenziale, risultando però più riuscito nei dialoghi che nelle parti descrittive e più centrato e coraggioso nella seconda parte che nella prima.

Forte e complesso il personaggio della yayà, ispirato alla figura della nonna greca di Savarese, a metà tra le terribili Madri del mito e un’eroina moderna che lotta contro le asfissianti convenzioni sociali che la vorrebbero solo prigioniera della casa e veicolo di figli, Agar illumina e guida le parti del racconto che la vedono protagonista anche se non sempre positiva. Meno riusciti i personaggi di Luca e Marcello, la cui costruzione psicologica ricade a volte nello stereotipo del “ritrattismo” omosessuale e di genere: il femminile tutto arte, natura, sensibilità e cedevolezza, contro il maschile univocamente rozzo, carnale e marziale.

In conclusione, ci rivolgiamo all’autore, che ha certamente raccontato una storia toccante e sentita, ma che a tratti pare frenato nell’affondare liberamente le mani nella materia grezza del linguaggio, cedendo a volte anche alla tentazione di rifugiarsi in immagini letterarie precostituite. “Perché le parole non vivono nei dizionari, ma nella mente. E come vivono nella mente? Nei modi più strani e svariati, non molto diversamente dagli esseri umani; vagando qua e là, innamorandosi e accoppiandosi. (…) Per questo, imporre regole a tali impenitenti vagabonde è del tutto inutile”. (Virginia Woolf)

* Non passare per il sangue di Eduardo Savarese, pp. 188, euro 16, /EO editore

Chiara Donnini

Chiara Donnini su Barbadillo.it

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