Primarie Usa. Perché sono in vantaggio gli outsider (con le idee chiare)

repubblicani-democratici-simboliMentre in Europa nel corso degli ultimi vent’anni le grandi famiglie dei conservatori e dei socialisti si sono di fatto fuse diventando indistinguibili, dando adito alla crescita dell’area cosiddetta populista che si distingue dalle formazioni tradizionali, in Usa prima con Bush e poi con Obama, il processo si è invertito. Si sono definite due aree ben precise di destra e di sinistra, che oggi sono ben rappresentate da Ted Cruz per la destra e da Bernie Sanders per la sinistra. Beneficiando entrambi di una sfiducia generalizzata verso le organizzazioni tipiche di repubblicani e democratici, dopo l’Iowa sono usciti entrambi rinforzati.

Il caso Ted Cruz

Ted Cruz

Da un lato Ted Cruz ha avuto la fortuna di trovare sulla sua strada Donald Trump, che nonostante i toni pre-elettorali del tutto inusuali, ha messo sul piatto degli argomenti, come quello dell’immigrazione, che a quanto pare meritavano di essere trattati. Cruz, grazie a questa rottura degli argini, ha potuto presentare la sua agenda sull’immigrazione in modo più credibile rispetto al magnate, proponendo un irrigidimento delle politiche degli ingressi e di attaccare Rubio sulla riforma che i repubblicani hanno concordato nella passata legislatura con i democratici. Altro effetto di cui beneficia Cruz è l’ondata teapartista che ha travolto gli Usa negli anni passati, che ha riproposto l’agenda economicamente liberista. Sulla questione dei valori etici, si registra anche in questo caso una polarizzazione dell’opinione pubblica. Basti pensare che hanno successo sempre di più le chiese protestanti che sui temi etici sono intransigenti e ormai la Chiesa Cattolica è diventata in valori assoluti l’organizzazione più numerosa. Cruz è portatore di questa sensibilità religiosa.

L’opzione di Sanders

Bernie Sanders

Dalla parte democratica, chi beneficia della svolta a sinistra di Obama non è Hillary, ma Bernie Sanders. Il primo presidente nero, con la battaglia sulla sanità pubblica, ha per la prima volta posto sul piatto la possibilità di un forte intervento statale nell’economia. Ciò permette all’avversario dell’ex First Lady di parlare un linguaggio nuovo per la politica statunitense, di fatto socialista, che gli ha fruttato un sostanziale pareggio in Iowa e gli frutterà, stando ai sondaggi, una vittoria schiacciante in New Hampshire, il prossimo appuntamento. La Clinton, per il nuovo ceto medio basso americano, che in un lontano passato poteva riconoscersi in suo marito, essendo arrivato in alto partendo dal basso, oggi non rappresenta più un punto di riferimento, perché rappresenta la longa manus di Wall Street. Bill aveva alle spalle una storia familiare travagliata, Hillary è la moglie (cornuta) dell’ex presidente degli Stati Uniti.

Viene da chiedersi cosa abbiano in comune Sanders e Cruz. La risposta è semplice. Entrambi sono due outsider e per questo possono proporre idee che potremmo definire radicali. I soldi della loro campagna elettorale arrivano tutti dagli elettori e dai supporter, mentre quelli di Hillary, Rubio e Jeb Bush, candidato fallimentare per i repubblicani, vengono dalla grande finanza e dalle multinazionali. Trump si autofinanzia in buona parte. Non è un caso se dall’ambiente dei miliardi stia emergendo un certo Michael Bloomberg, già sindaco di New York,  con un patrimonio personale di 35 miliardi di dollari, che potrebbe fare il candidato “centrista” che piace sia a repubblicani che democratici, inaugurando un terzo polo mai esistito prima. Dinamiche che in Europa conosciamo bene.

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Francesco Filipazzi

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