Il caso (di R.Perrone). Stop al longopranzismo, contro le prenotazioni con mesi di anticipo

prenotazioniLa prima volta che mi scontrai con il longopranzismo (o longocenismo, è lo stesso) fu a Parigi, 30 anni fa. Ero già stato in grandi ristoranti italiani, perfino tristellati o che lo sarebbero diventati, come Gualtiero Marchesi, l’Enoteca Pinchiorri e Dal Pescatore dei Santini. Però prenotare era stata una faccenda normale, di qualche giorno. Nella mia ingenuità, appena arrivato a Parigi con mia moglie telefonai alla Tour d’Argent e chiesi di riservare per la sera. Gentilmente mi risposero che erano completi. “Allora vengo domani”. Sempre gentili, ma con un lieve filo di irritazione mi dissero: “Neanche domani abbiamo tavoli”. Ne feci un punto d’onore. Avevo cinque sere, sarei arrivato fino in fondo con i tentativi. Ma quando buttai lì “Dopodomani?”, il disprezzo chauvinista prese il posto della gentilezza. “Siamo completi fino a settembre” e mi riattaccarono in faccia. Eravamo all’inizio di maggio. A Londra una volta, in uno di quei locali che nella grande mela inglese hanno fugaci momenti di fama e poi spariscono, chiamai nel pomeriggio per avere un tavolo la sera. Il tizio neanche mi rispose, si mise a ridere, addirittura. Gli dissi che se non smetteva gli mandavo er Catena. Nella mia vita mi sono associato al longopranzismo una sola volta, anche se non è stata un’adesione vera e propria. Quando la Juventus, che seguivo per il Corsera, venne sorteggiata con il Copenhagen, mi dissi che era l’occasione per andare al Noma: a pranzo, il giorno della partita. Venni rimbalzato, malgrado alcune prestigiose raccomandazioni, con tre mesi d’anticipo. Secondo me ma facevano finta di essere pieni. Chi va a pranzo un cupo e mesto mercoledì di fine ottobre a Copenhagen? Volevo quasi presentarmi a controllare. La prossima volta, abbandonato al suo destino Redzepi, vado da Rasmus Koefoed, fresco di tre stelle. Secondo me al Geranium trovo posto dalla mattina alla sera ed è pure dentro lo stadio, volendo unire cucina e sport.

L’avrete capito. Odio il longopranzismo, cioè l’idea che per pranzare (o cenare) in un ristorante si debba prenotare con mesi se non con anni d’anticipo. Sia chiaro: sono contento per chi ha successo e si trova la fila davanti all’uscio. Non ce l’ho con gli osti, figuriamoci, se uno che non trova posto subito vuole prenotare a giugno o a ottobre, io, ristoratore che faccio? Non prendo la prenotazione? Certo che no.

Io ce l’ho con i longoprenotatori. Del “Bulli” di Ferran Adrià  si raccontava che se chiamavi oggi prendeva le prenotazioni per ottobre 2017. Voglio i nomi di quelli che chiamano ad aprile 2016 per prenotare il 30 ottobre 2017. A parte il fatto che può succedere di tutto – non necessariamente catastrofi, ma cose belle tipo mi innamoro di un’ereditiera argentina di vent’anni con un palazzo a Palermo e un’estancia di 15 mila ettari nella pampa e addio – , io vado al ristorante per il gusto, per il piacere, per la curiosità, per l’avventura. Sono tutti sentimenti che prevedono l’immediatezza della soddisfazione. Il senso dell’avventura lo devi cavalcare, se no s’ammoscia . Massimo Bottura è ora uno dei cuochi più famosi del mondo e improvvisamente tutti vogliono andare da lui  perché è di moda. I love Massimo, anche umanamente. E sono felice di esserci stato la prima volta che aveva a stento una stella e non era una star, ci sono andato perché avevo piacere di farlo. Ho prenotato credo cinque giorni prima. Vabbè, alla fine ognuno è libero di fare quello che vuole, però quando becco uno che ha prenotato con un anno e mezzo di anticipo mi tocco. E’ sfidare la sorte, è fare il solletico agli dei. Magari si irritano per la tua presunzione (cosa ne sai di dove sarai tra un anno e mezzo, miserabile mortale?) e ti fulminano, come ai vecchi tempi, oppure, semplicemente, ti intasano l’autostrada o ti piazzano uno sciopero dei controllori di volo.

Fate i bravi e liberatemi quel tavolo alla Francescana che mi vogliono dare a settembre (ps. precisazione: l’ho prenotato solo perché alcuni amici mi hanno chiesto “andiamo insieme da Bottura” e io sono un gentiluomo; dipendesse da me mi faccio due spaghi di Giovanni Assante a casa, aspettateli voi cinque mesi).

da Perrisbite

@barbadilloit

Roberto Perrone

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