Austria. La striminzita vittoria dei verdi rilancia gli identitari

Norbert Hofer, candidato presidente del Fpo
Norbert Hofer, candidato presidente del Fpo

A leggere i cori di giubilo e i commenti post-elezioni in Austria la prima reazione è quella di tirare un sospiro di sollievo e scendere in piazza per il pericolo scampato. A detta di molti, parrebbe evitata l’emergenza democratica e ristabilito l’ordine naturale delle cose. Eppure, l’analisi va fatta in filigrana. Non abbiamo saltato il fosso, anzi è successo esattamente il contrario. La striminzita vittoria dei Verdi apre il varco, e forse per la prima volta nella storia recente, ad un rilancio di quelle consapevolezze identitarie che si erano smarrite nel florilegio osannante per la nuova Europa nata dopo la caduta del Muro di Berlino. 

Questa esile vittoria può squarciare infatti il velo dell’ipocrisia. Può essere la chiave di volta per cui col passare delle ore, quella élite europea intorpidita dall’assenza di alcuna visione strategica ma altresì sufficientemente cinica e sprezzante nel dettare regole e codicilli per i cittadini-sudditi, possa avere un sussulto di coscienza politica e mettere finalmente in moto la ragione. Perché vi sono due dati significativi che contraddicono le frettolose espressioni di giubilo e che, ne siamo certi, qualcuno prima o poi si prenderà la briga di mettere sotto la lente di ingrandimento. 

In primo luogo, quello di una destra (xenofoba, razzista, populista, neonazista… trovi il lettore il termine che più lo aggrada) che raggiunge il 49% dei voti. Vale a dire, metà del popolo austriaco ha dato il proprio consenso ad un partito fortemente identitario. E, delle due l’una: o si sono ottenebrate le menti di tanti austriaci, oppure è suonato il campanello dell’ultimo giro per politicanti e burocrati abili nel predisporre sempre nuove assicurazioni su un radioso futuro europeo che però mai si concretizza.

In secondo luogo, va segnalato il fatto che l’80% degli operai austriaci si siano rivolti ad un partito così fortemente caratterizzato a destra. Dati che, peraltro, negli ultimi tempi sono più o meno riscontrabili in formazioni simili come il Fronte Nazionale della Le Pen o la Lega di Salvini.

E allora, oltre ai cori di giubilo, e di fronte a processi politici che fino ad una settimana fa sembravano stagnanti, bisogna prendere atto che adesso si avvertono in maniera chiara i segnali di insofferenza verso una burocrazia servile nei confronti di banche e multinazionali ma vessatrice e autoritaria contro i cittadini. 

Il voto austriaco è perciò più importante di quanto non si creda. Ovvio che in un mondo globale sarebbe un suicidio politico ed economico rinchiudersi nelle forme anguste di un neonazionalismo. Ma proprio i milioni di cittadini che iniziano a reagire con l’arma democratica contro una idea di Europa calata dall’alta e non si rifugiano più negli angusti spazi dei soliti partitini anti-sistema, possono creare le condizioni affinché nel Vecchio Continente tattiche e strategie delle élite possano definitivamente mutare.

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Luigi Iannone

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