Cultura. Ai tempi della cultura come «divertissement»

roberto-benigni-3Oggi la cultura appare sempre più segnata da tendenze il cui ciclo vitale è difficile da considerare, ma la cui capacità distruttiva è evidente per i resti che lasciano al loro passaggio.

Il concetto di cultura si è involuto, e la sensibilità e la tradizione che hanno contribuito a plasmarlo, nel passato, sono considerate desuete. La cultura ha rappresentato, da sempre, il raggiungimento di uno stato di maturità dell’intelletto, reso in grado di ripensare gli elementi del sapere acquisito attraverso lo studio e l’esperienza.

Era un quadro attraverso il quale il pensiero dell’uomo riusciva a ricondurre il molteplice della realtà ad una visione di unità: a riconoscere nel nuovo l’antico, in un processo di circolarità. Si trattava di riconoscere una ragione universale, un ordine alla vita, pur nella sua insondabilità di fondo; di venire incontro alle difficoltà della condizione umana, per dare all’uomo gli strumenti per resistere alla noia quanto alla disperazione che deriva dalla presa d’atto di “essere”.

Era lo sbocco di un processo di affinamento interiore, fatto di pazienza, di attesa, di distacco dal divenire.

Oggi la cultura non è più intesa come un atteggiamento dell’intelletto; è uno strumento di carattere operativo che consente soprattutto di celare la realtà. L’uomo attuale è nel suo fondo un utilitarista e l’intelletto è, per lui, uno strumento di svago, non di ascolto o di decifrazione del reale. Oggi la cultura si fa non cercando di comprendere il cammino impervio della mente nell’accostarsi al reale, ma evadendo dalla vita. Evasione e disimpegno sono un sinolo inscindibile e costituiscono un surrogato del pensiero. La cultura diviene, quindi, «divertissement».

Infine, si assiste al declino di un certo galateo del pensiero e del linguaggio. Si fa credito solo alle parole nette, alla violenza e alla crudezza delle immagini, al linguaggio senza sfumature; come alla leggerezza di un Benigni, che, con la sua superificialità – che passa solitamente per genialità -, tende a livellare ogni argomento, privandolo di ogni barlume di bellezza e di sublimità (si pensi alle sue letture dantesche).

L’uomo contemporaneo, ha evidenziato Elémire Zolla in “Eclissi dell’intellettuale”, è sedotto dalla “banalità vuota”: egli fugge dalle “sfumature” e dalle “complicazioni della realtà”, in quanto esse lo inducono a riconoscere la sua “triste” condizione. Lo sforzo compiuto nei secoli per trovare una Weltanschauung che fosse espressione di una realtà articolata quanto ordinata è ridicolizzato. Tutto passa sotto la livella dell’evasione. Non interessa comprendere, ma aggredire e stupire.

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Giuseppe Balducci

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