Cultura (di M.Veneziani). Il valore del revisionismo di Ernst Nolte

Ernst Nolte
Ernst Nolte

Pubblichiamo un articolo di Marcello Veneziani in ricordo di Ernst Nolte, intellettuale e storico libero, scomparso ieri. Nolte è stato uno dei maggiori interpreti del revisionismo storiografico europeo

Diciamo la verità. Se a un italiano qualunque parli di revisione, il suo pensiero non corre alla storia ma all’automobile, con il triste corollario di burocrazia, officina e motorizzazione. Siamo così chiusi nell’abitacolo del nostro presente che non riusciamo a pensare oltre le nostre più dirette propaggini, l’auto, il telecomando, i nostri effetti personali. Eppure di storia e di revisionismo storico abbiamo bisogno come il pane. Ma il revisionismo viene appaiato al negazionismo e viene così interdetto, proibito, discriminato.

È il caso di Ernst Nolte, il filosofo e storico revisionista, morto ieri. Si occupò di nazismo e di comunismo, ma anche di Nietzsche e di Heidegger, e scrisse un’opera memorabile, I tre volti del fascismo. Ma fu trattato soprattutto nei suoi ultimi anni, come un appestato, quasi un filonazista. Nolte scoprì il legame indecente, ma costitutivo, tra comunismo e nazismo, che non risale solo al patto Molotov-Ribbentrop ma alle origini stesse del nazismo, che sorse in reazione al comunismo, ma anche sulla falsariga del medesimo.

Nolte paragonò con rigore nazismo e comunismo, mostrando similitudini e differenze. Ad esempio ebbero in comune la parola lager usata sia nella Russia di Stalin che nella Germania di Hitler. Condivisero la promessa del bene assoluto in terra e furono manichei. Il nazismo ebbe una passione estetica, magica e naturalistica mentre il comunismo ebbe una passione etica, storica e materialistica. I nazisti promisero di ridare bellezza al mondo, i comunisti promisero di dare bontà al mondo.
Il comunismo si nutre di un imperativo morale, uccide a fin di bene, è pedagogico e obbliga le sue vittime a interiorizzare le sue nuove regole morali. Perverte a tal punto “il principio di realtà e il principio morale da poter sopravvivere a 85 milioni di cadaveri”, notava Besancon, mentre l’idea nazista soccombe con le sue vittime, dà morte e la riceve.

Il nazismo, coerente col suo particolarismo nazionale e razziale, è ferocia circoscritta a un preciso nemico (gli ebrei e altre individuate minoranze); il comunismo, coerente con il suo universalismo, è odio esteso all’umanità. Tutti possono essere vittime del comunismo, da chiunque difenda la famiglia e la fede, la patria e la libertà, il capitale o la proprietà agli stessi comunisti “deviati”. Il nemico del comunismo è generico e indefinito, il nemico del nazismo è specifico e definito. La paura nei regimi comunisti è universale, tutti denunciano tutti. La pedagogia della menzogna consente di confondere la morale comune con la morale comunista. Tutto questo si può dire veramente passato? Che il comunismo sia finito poi alleato con le democrazie occidentali rientra nel gioco contingente delle alleanze. Fino alle soglie della guerra dominavano altre due ipotesi: quella comunista, che vedeva nel nazifascismo il naturale alleato del capitalismo e imperialismo occidental-borghese e quella nazicomunista del patto tra Stalin e Hitler nel 1939, che sarebbe durato se Hitler non avesse seguito il suo delirio di onnipotenza. Ma nazismo e comunismo restano due gemelli eterozigoti, diceva Pierre Chaunu.

Perché si può essere comunisti senza condividere i crimini del comunismo e non si può essere nemmeno nazionalisti o addirittura di destra, senza condividere le colpe del nazismo? Perché i sei milioni di morti in Ucraina nel 1932-33 debbono destare meno pietà e meno memoria dei sei milioni di morti nei campi di sterminio nazisti 12 anni dopo in piena guerra? Perché pianificare lo sterminio per fame o per assideramento è meno raccapricciante di pianificare lo sterminio per asfissia? Perché un regime che ha oppresso di più e più a lungo, che ha ucciso 10 volte di più del nazismo, che ha praticato il terrore e inventato i lager prima del nazismo, che è nato prima ed è sopravvissuto al nazismo fino ai giorni nostri, pervadendo tre quarti di secolo, tre continenti e mezza umanità, dev’essere dimenticato così in fretta?

E infine perché, dopo 70 anni, dobbiamo ancora ripetere all’infinito queste terribili ovvietà che dovrebbero appartenere alla comune memoria del mondo e alla coscienza di tutti? Perché il comunismo sopravvive ancora come coscienza sporca, pedagogia della menzogna e mentalità. E di ex-comunisti sono piene le elite di potere, mass media media e magistratura. Revisionisti come Ernst Nolte ce lo ricordavano.

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Marcello Veneziani

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