Il punto. Trump presidente ha sconfitto il Politicamente Corretto planetario

trump_make-america-great-againMentre l’altra notte osservavo sullo schermo televisivo ampliarsi la grande macchia rossa del trionfo repubblicano (appena interrotta da qualche macchia azzurra al centro, degli Stati affacciati sull’Atlantico Nord, in attesa dei risultati della costa del Pacifico, i cui seggi chiudevano ore dopo), allorché, poco a poco, il Partito Repubblicano conquistava la maggioranza dei due rami del Congresso, dei Governatori, alla sobrietà di fondo dei commentatori statunitensi, ancorché delusi, si contrapponeva, dallo schermo del computer, l’ uragano di rabbia e scontento dei soliti “illuminati” di casa nostra, i “pretoriani del migliore dei mondi”, quegli schifiltosi – ed intolleranti – radical-chic che si riempiono la bocca di “democrazia” solo finché essa coincide con la loro progressista “visione dell’universo”, per ridursi a “becera destra”, trionfo di bassi istinti e coacervo di stolte paure, tipiche degli ignoranti insensibili, una vera minaccia per l’orbe terracqueo, non appena il “popolo” decide di riappropriarsi di porzioni del proprio destino, non obbedendo più alle parole d’ordine veicolate dalla stampa ed informazione del regime globalizzato, che, anche nel caso della candidatura di Trump, ha ovunque fatto ricorso ad ogni sorta di colpi bassi, calunnie, rispolvero di gaffes di anni lontani.
Come si stavano permettendo i bifolchi della Bible Belt, gli aficionados razzisti della NASCAR, la working class del Midwest (gli Stati del Rust Belt a Sud del Grandi Laghi) – arrabbiata, frustrata da anni – e la middle class – flagellata da crisi economica ed indifferenza della politica, gente sobria ed industriosa per lo più bianca, amante dell’ordine, discendente dagli immigrati europei che costruirono pazientemente, giorno dopo giorno, l’ “American Dream” – a contestare le “verità assolute” del mondo liberal, delle Università, del “New York Times” e compagnia cantante, di Wall Street, dell’immenso Robert De Niro e delle stars di Hollywood, dell’establishment di Washington, come osavano ribellarsi e ripudiare il Verbo Supremo del “Politically Correct” incarnato in Hillary Clinton, seguace del “Gender Fluid”, solidale con le campagne LGBT e vessillo di tutte le donne per sovramercato?
“Make America Great Again!” è stato invece lo slogan di battaglia del settantenne, arzillo Trump (che oggi non pare anziano, mentre lo sembrava Reagan a 69 anni nell’80!) e chissà che in qualcosa ci riesca, per il bene americano e nostro, di conseguenza. Per intanto, consoliamoci che abbia perso Hillary e che sia stato, almeno una volta, umiliato il Politically Correct senza frontiere.

* ex ambasciatore

@barbadilloit

Gianni Marocco*

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