Politica. Mattarella-Gentiloni e il Pd rifondano la Prima Repubblica

paolo-gentiloniÈ Paolo Gentiloni il successore – ancora con riserva – di Matteo Renzi. Il ministro degli Esteri è salito stamani al Quirinale per ricevere dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’incarico di guidare il nuovo esecutivo. «Accompagnare e, se possibile, facilitare il percorso delle forze parlamentari per arrivare a nuove regole elettorali», ecco gli obiettivi del prossimo titolare di Palazzo Chigi. Un percorso che continuerà con la stessa maggioranza che ha sostenuto finora il premier uscente. Ecco i fatti. Il resto è da mal di testa. In fondo cambia poco o pochissimo, rispetto alla crisi aperta dalla netta sconfitta delle ragioni del Sì di domenica scorsa, con il pallino del governo rimasto ben saldo nella mani del Pd. Un teatrino da leggere come uno schiaffo a tutto il corpo elettorale, quanto mai punito per la scelta di non entrare nella terza Repubblica. Detto fatto: si torna direttamente alla prima, senza neanche passare da un bagno di umiltà istituzionale e di attenzione verso le istanze, fossero anche il ventre, degli italiani.

Mattarella ex Dc

L’ex dc Sergio Matterella opta con rapidità e sobrietà per una soluzione in perfetta continuità con gli equilibri di Palazzo e con i numeri di Montecitorio. Peccato che quei numeri, quelli che alla Camera assegnano una comoda maggioranza al Pd, siano stati “delegittimati” dalla Consulta bocciando la filosofia del porcellum. Gli stessi numeri che avevano consentito a Renzi di tentare una riforma costituzionale poco elegante almeno nella forma. Anche per questo azzardo gli italiani lo hanno sconfessato. Si aggiunga poi il peccato originale rimasto indigesto a molti, quello cioè di esser stato nominato premier senza esser passato dalle urne. Ma come se nulla fosse accaduto, a succedergli è uno che secondo «Repubblica» è da incoronare quale l’ideologo del renzismo.

Il fido Gentiloni

Arriva Gentiloni, dunque. La cui vocazione è quella di non far ombra a Renzi. Il quale, in perfetto stile primo repubblicano, potrà continuare a condizionare le sorti del Paese dalla segreteria del suo Partito. La discontinuità è almeno nel carattere: l’uno fin troppo protagonista, l’altro fin troppo comparsa, ma con la dote del tempismo da fenice. Uno cioè che deve sempre dire grazie all’uscita di scena di qualcun altro. Quella della Mogherini, in primis, che gli ha permesso di rientrare nell’agone – addirittura – da capo della Farnesina; e quella di Renzi appunto. Uno «scongelato», per dirla appunto con Gentiloni, prima ancora che un resuscitato. Intanto la temperatura nel Paese è calda. E di un premier tiepido, sulla cui coscienza c’è la gestione imbarazzante del caso Regeni, se ne sarebbe fatto volentieri a meno.

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Fernando M. Adonia

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