La lettera. Perché sogno (da patriota) una assemblea costituente

tricolore glamourLa riforma di Renzi è stata bocciata dal popolo italiano. Ma i problemi dell’assetto istituzionale italiano restano tali e quali, a prescindere da chi sarà il nuovo presidente del consiglio. Il modello della repubblica parlamentare mostra chiaramente i suoi limiti. Personalmente continuo a preferire il modello di repubblica presidenziale, tema molto caro al MSI, al repubblicano Randolfo Pacciardi, ai suoi giovani della Primula Goliardica, all’indimenticabile Giano Accame.

Spetta al popolo eleggere il capo dello stato. A differenza dei partiti antifascisti che nell’Assemblea Costituente scrissero la costituzione non ho il timore “dell’uomo solo al comando”.
E’ ovvio che il potere del capo dello stato deve essere bilanciato da altri poteri, in primis dal parlamento, che di fatto è stato privato, con l’abuso reiterato da tanti governi dello strumento del decreto-legge, della sua funzione naturale, legiferare. In quanto all’eliminazione del bicameralismo perfetto, oggi i media preferiscono chiamarlo paritario, Renzi lo ha scoperto tardi. Dagli anni lontani della militanza nel FdG sono contrario al bicameralismo perfetto: le due camere vanno differenziate con compiti e funzioni diverse tra loro. Non vorrei più leggere nelle cronache parlamentari della famigerata navetta, necessaria da una camera all’altra per l’approvazione di una legge. Il numero dei parlamentari va drasticamente ridotto. con un notevole risparmio sui costi della politica. La riforma di Renzi avrebbe in qualche modo eliminato il Senato, ma nel nuovo assetto istituzionale i sindaci e i consiglieri regionali chiamati a svolgere le funzioni che già erano dei senatori avrebbero finito per svolgere male l’uno e l’altro compito. Ci sono poi alcuni articoli della Costituzione, che non hanno mai trovato concreta applicazione, sui quali occorre riflettere perché non siano più lettera morta. Mi riferisco in particolare all’articolo 39, che prevedeva la personalità giuridica dei sindacati e all’articolo 46, ovvero il “riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende”. E veniamo brevemente al capitolo dell’eliminazione del CNEL. E’ un organismo consultivo che ha prodotto molto poco in termini di proposte e ha gravato sul bilancio dello stato. Probabilmente non c’è mai stata la volontà politica di trasformarlo per farlo funzionare a dovere proprio sui temi, di interesse nazionale, dell’economia e del lavoro privato e pubblico.

C’è un altro aspetto fondamentale nella vita dello stato che la riforma renziana lasciava immutato: lo statuto speciale delle 5 regioni autonome. A quasi 70 anni dall’entrata in vigore della nostra costituzione credo non abbia più alcun senso il riconoscimento della loro autonomia, che magari poteva avere una sua logica negli anni del dopoguerra. Se è tempo di “vacche magre” per il bilancio statale è giusto che questo valga per tutte le regioni. Alcuni si illudono che una nuova legge elettorale potrebbe essere significativa per un cambiamento politico-istituzionale. Sicuramente serve una nuova legge elettorale che non sia pasticciata come l’attuale. La legge elettorale è soltanto uno strumento di un insieme organico. Ci vorrebbe un atto di coraggio e di umiltà da parte della classe politica, che riconoscesse il suo fallimento e sentisse la necessità di nuova assemblea costituente, eletta con metodo proporzionale.
La nuova costituente, a differenza di quella del 1946 nata viziata dal “peccato originale” causato dagli odi e dalle divisioni ancora fresche della guerra civile, potrebbe finalmente unire tutti gli italiani… Mi sono risvegliato. Era un sogno il mio, un sogno di quasi inizio inverno, con l’imminenza, sembra, di un governo balneare fuori stagione.

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Giovanni Fonghini

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