Calcio. I dieci personaggi che hanno segnato il 2016

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Conte (pg uff Chelsea)

 

Caro amico ti scrivo, così ci ragiono un po’.

È tempo di riflessioni di fine anno. Tempo di tirare le somme, individuando i protagonisti del pallone prima che il nuovo anno porti la trasformazione che tutti quanti stanno già aspettando (o almeno così ha detto la televisione). Chi sono i dieci che, per meriti o demeriti, meritano di sedere sull’esclusiva scalinata?

 

Antonio Conte. Partiamo dalla vetta – pur non volendo allestire un podio –: il massimo dei voti. Più la lode. Certo, il fiero patriottismo gioca la sua parte, ma l’armata dei Blues – di cui già in tempi non sospetti pronosticavamo l’ascesa – è già favola da record, eureka geniale e impareggiabile all-in di Sir Antonio (che ha vinto anche oggi): continuano le lezioni di calcio. Per noi è man of the year.

 

Giampiero Ventura. Doveroso mettere il ct azzurro accanto al suo predecessore. Green revolution, idee chiare, richieste e rivoluzioni, promesse. La giusta prospettiva.

 

Andrea Belotti. A dirla tutta, è in particolare l’uomo dell’inverno 2016. Ma la prima parte dell’anno non è stato da meno. Subito sotto Ventura (ma non gerarchicamente), perché suo più fidato cavaliere, sognatore, trascinatore, anima. E prestazioni da urlo. La meglio gioventù.

 

Gigio Donnarumma. Ormai è prassi paragonarlo a Buffon e alla famiglia dei mostri sacri, quasi dimenticandoci che ha compiuto diciassette anni qualche mese fa. Dodici mesi non umani per i guantoni rossoneri, sempre nel limbo tra l’incredula follia e la consapevolezza di essere fenomenali (anche solo per l’età), già arruolati da Ventura (ci mancava) e già corteggiati da tutta Europa (ci mancava). Nasce, cresce, para.

 

Graziano Pellè. Lo sistemiamo qui così chiudiamo con il giro azzurro (o forse no). Se abbiamo appena omaggiato i nuovi volti della Nazionale, merita un attimo di riflessione il caso Pellè. È stato anche il suo anno, soprattutto il suo anno, per quello sfortunato istante su quel dischetto, che per noi, che l’abbiamo difeso, non ha voluto essere neanche un atto di ostentata hybris. Da lì una parabola assurda: il trasferimento faraonico in Cina, una semi damnatio memoriae e qualche presenza in azzurro. Buono e cattivo tempo.

Balo (pg uff Nizza)

 

Mario Balotelli. C’è qualcuno che in quel giro vorrebbe entrare, e se potesse lo farebbe spaccando ogni cosa. Ma è tempo di essere maturi e questo sembra averlo capito e dimostrato molto bene. La prossima mossa tocca a Ventura. Mario è l’idolo di Nizza, media gol paurosa, fama, foga, amore. E le solite provocazioni. E la coda dell’occhio sempre, fissa, sul pallone d’oro (“se mi impegnassi, lo vincerei”)… Perché è un bravo ragazzo.

 

Cristiano Ronaldo. Continuiamo a parlare di record: pallone d’oro (e gradino) scippato a Messi anche senza aver di fatto giocato la finale dell’Europeo (vinto). Ma si è caricato il suo Portogallo sulle spalle fino alla fatica finale. Anche quest’anno autentico mostro, ora vacilla per i trecento milioni offerti dalla Cina pigliatutto. La solitudine (e l’assenza) dei numeri primi.

 

Paul Pogba. A giugno era già l’uomo dell’anno. E in un certo senso lo è stato, per il torbidume in cui è progressivamente sprofondato. Sia chiaro, si parla sempre di uno dei talenti più cristallini e assoluti del panorama attuale (e non solo) – e ora peraltro è di nuovo in crescita -, ma dopo le interminabili aspettative create e dopo la milionaria telenovela sul suo acquisto, ci aspettavamo un rendimento eccezionale (europeo compreso). E molto probabilmente ci siamo sbagliati. Ammettiamolo. Anno nuovo, vita nuova (vecchia?).

 

Gonzalo Higuain. Via centocinquanta milioni, dentro novantaquattro. Il Pipita arriva in pompa magna a Torino, sultano del gol con il giuramento di far dimenticare presto gli addii pesanti. Nulla da dire: dopo qualche leggero scricchiolio iniziale – quasi impercettibile senza la pressione mediatica – è tornato il solito killer spietato e decisivo, come e quando serve. Per un pugno di dollari.

 

 

Pisacane (fatto quotidiano)

 

 

Fabio Pisacane. Il primo, o l’ultimo, o il gradino di mezzo se lo prende tutto questo eroe. Evviva, un altro nostrano, un altro mito di casa. Sì, ma l’hanno scoperto gli autorevoli britannici del Guardian, che l’hanno eletto uomo dell’anno, raccontandoci la storia incredibile del terzino-lavoratore di provincia rossoblù, dalla sua vittoria contro una mortale malattia paralizzante, fino alla denuncia di una partita truccata a Lumezzane. E allora ci sentiamo solo di dirgli grazie, quest’anno è suo. Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò.

Albertosi

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