Champions. La Juve degli Argonauti asfalta il Barça e Dybala surclassa Messi

(pg uff Juve)
(pg uff Juve)

La Juve ce l’ha fatta. La Vecchia Signora fa da padrona di casa allo Stadium e agli snob catalani del Barça rifila tre pere, gelate e rigorosamente su piatto d’argento. L’armata di Allegri tramortisce gli uomini di Luis Enrique, spaesati e per lunghi tratti irriconoscibili, ombra sbiadita di ciò che fu, definitivamente dissolta di fronte all’impenetrabile pragmatismo zebrato.

La Juve la vince sulle fasce (e al centro)

Allegri decide di basare la partita sul dominio delle fasce: all’esperienza di Dani Alves e all’energia di Alex Sandro l’arduo compito. A dettare i tempi e pilotare gli inserimenti, però, c’è Pjanic (comodo comodo in cabina di regia e in molte occasioni libero di impostare) e il solito incursore Khedira. Ecco la chiave del match: la studiata superiorità sugli esterni – Alex Sandro può sempre contare sullo stakanovismo rabbioso di Mandzukic, e Dani Alves trova nel funambolico Cuadrado un approdo sicuro – creata e liberata grazie all’impeccabile palleggio dei due centrocampisti centrali e ai loro lanci nel momento giusto, sotto la benedizione di Bonucci. L’arma decisiva? Dybala in veste di trequartista e Higuain a trenta metri dalla porta. Il Barça non regge: Piqué non può contare più sui giganti di una volta. Umtiti mette pezze dove può, Mathieu, goffo e lento (e ancora stordito dalla partita di domenica) soffre le folate juventine e Sergi Roberto – adattabile si, ma forse terzino è troppo – è la vittima prescelta di Mandzukic. E il centrocampo blaugrana non ripiega mai, eccezion fatta per Mascherano, mediano arrugginito non troppo rispolverato.

Dybala batte Messi (che predica nel deserto insieme a Don Andrés)

Finalmente lo scontro tra i due spiriti argentini. Tra il maestro e l’erede. E forse è la sera del passaggio del testimone. Come in ogni partita, entrambi hanno le redini della squadra. Ma vince la Joya: Dybala la sblocca subito, al settimo, con una irreale piroetta e colpo da biliardo che trafigge Ter Stegen. Ma è solo l’inizio delle danze: quindici minuti dopo, l’arrembaggio di Mandzukic si inginocchia al limite dell’area di fronte a Re Paulo che, di prima, pennella una traiettoria bassa imprendibile per ogni guantone. È il tempo di Giotto e Lionel Cimabue, con le mani nei capelli, lo sa, lo avverte. La Pulce passa i novanta minuti a variare su tutto il fronte, come sempre, cercando soluzioni e compagni da imbeccare. Ma i suoi galleggiano inermi in un possesso sterile e Messi trova solo nell’illusionista Iniesta (Don Andrés, vecchio e solitario missionario) un interlocutore: troppo poco (il Barcellona sfiora il gol proprio grazie a una verticalizzazione di Messi per Iniesta, che si lascia ipnotizzare da Super Gigi). Dribbling, corsa e paesaggi sono urla nel deserto.

Suarez non morde, Chiellini si

Tra i grandi assenti della serata c’è Luis Suarez, atteso anche (e soprattutto) per il precedente del morso di più di tre anni fa con Chiellini. Il Pistolero è però neutralizzato dalla retroguardia zebrata: pochi palloni toccati, poco movimento e nessuna occasione, tranne una mezza spizzata deviata proprio da Chiellini. Che, rassicurato dal docile atteggiamento del cliente (vittima della museruola tattica della difesa), firma su corner il tre a zero al 55′, stravincendo il duello aereo con Mascherano e insaccando con precisione. Il boato abbraccia gli Argonauti. Noi ve l’avevamo detto: la Juve conferma il suo cinismo e passa a pieni voti la maturità. E’ tempo di sedersi al tavolo di quelli che contano. Ci vediamo al ritorno.

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Obafemi Martins

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